Page 97 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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IL  25  LUGLIO:  I  QUARANTACINQUE GIORNI                          97

               vocarono danni notevoli e alcune centinaia di morti con l'unico risultato
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               che  il  comando  alleato  voleva  raggiungere,  quello  psicologico. 0 >
                    Mentre già iniziavano le trattative di armistizio gli anglo-americani,
               forse  per non destare sospetti nell'Alto Comando germanico continuaro-
               no a  'recitare' la  parte di  nemici  nei  confronti dell'Italia e  degli  italiani
               senza  peraltro  raggiungere pienamente il loro  scopo  che  era la  sorpresa
               di  una resa importante per la tenuta del fronte  italiano.  Le  autorità ger-
               maniche utilizzarono al massimo il tempo delle incertezze e poterono così
               rafforzare con l'invio  in Italia di  molte divisioni  (una quindicina) sia  la
               struttura del fronte sia, nel caso non mai trascurato di una pace separata
               dell'Italia, del territorio italiano a disposizione delle resistenze delle Forze
               Armate tedesche nella loro lotta, divenuta solitaria, contro le forze anglo-
               americane. Ciò che in questa fase  confusa e contraddittoria appare indi-
               scutibile è la debolezza politica del governo Badoglio che non fu  come la
               Vailati ha ripetutamente sostenuto una lucida politica di sganciamento ocu-
               lato dall'alleanza tedesca.  Questa tesi  che equivarebbe a  fare del periodo
               dei 45 giorni l'antefatto cosciente e coerente di una fase di liberazione na-
               zionale non regge all'analisi dettagliata dei documenti del periodo che ora-
               mai  sono  tutti,  almeno  nella  loro  parte più significativa,  a  disposizione
               degli storici. Così come l'abbattimento del fascismo no11 fu opera delle masse
               o dei partiti antifascisti,0 > cosi  i quarantacinque giorni non possono es-
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               sere letti  come  antecedente di  una  politica lucida  di  cobelligeranza  e  di
               liberazione. Questa tesi, un momento evocata dal governo italiano nel 1946
               in  una pubblicazione successivamente rinnegata,  consisteva  nel  ritenere
               che il concorso italiano nella lotta contro la Germania trovava fondamen-
               ta proprie in quel periodo. Diceva questo documento "Bisogna prima di



               (17)  Secondo un quadro riassuntivo che si  può ritenere largamente attendibile i  morti
                   in quelle incursioni furono 180 l  con altre migliaia di feriti (V ed. "Quadro dei bom-
                   bardamenti", in  L 'Italia  dei  45 giorni ...  op.  cit.,  p.  367-375).
               (18)  Si veda al riguardo quanto scrive R.  Zangrandi, op.  cit.  p. 42, allorquando afferma-
                   va: " ...  Non si  può dire ... che le masse e i partiti abbiano avuto funzione decisiva
                   e  assunto il  ruolo di protagonisti" . Di parere contrario, e si capisce bene perché,
                   è L. Longo che nel suo libro Un popolo alla macchia (Milano, Mondadori,  1947) non
                   esitò ad affermare che  "sotto la guida  dei  loro  partiti,  le  masse si  stavano racco-
                   gliendo ... "  e  che  "gli scioperi del  marzo furono  la  causa determinante del  2 5  lu-
                   glio ... "  (p.  43).  Su  questi  argomenti  si  veda  anche  l'unico  discorso  storiografìco
                   che è stato quello di N . Gallerano, Fascismo: la caduta, in Storia d 'Italia, vol. 2 Firen-
                   ze, Nuova Italia, 1978, p. 489; ma la sua impostazione rigidamente ideologica, con
                   analisi di classe operaia e masse contadine e blocco dominante non sembra oramai
                   più  rispondere ad  aggiornate considerazioni  storiche.









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