Page 107 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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MOMENTI DELLA CRISI DEL COMANDO SUPREMO 107
pertanto ogni responsabilità su chi li ha impartiti. Al gradino più elevato
essa "scarica" sul coté politico delle cui scelte e decisioni, una volta presta-
te le consulenze per avventura richieste, non sarà mai chiamata a rispon-
dere. Ed è logico che questa tendenza naturale e fisiologica dell'istituzione
militare non possa che essere esaltata quando il versante politico assume
i caratteri del governo personale accompagnato dal corrispondente culto
del capo.
Si aggiunga poi la preoccupazione del militare, anch'essa particolar-
mente accentuata nei regimi dittatoriali, di apparire "privo di fede", "non
in linea", "pessimista" o addirittura "disfattista". Per intendere quanto
il fascismo avesse acuito questa tendenza, non vi è che da confrontare il
tono della documentazione militare di natura tecnica delle Forze Armate
durante il "regime" con quella ad esempio della guerra 1915-1918. Negli
anni "imperiali", diversamente da quanto accadeva prima, non vi è de-
nuncia delle insufficienze d'un mezzo bellico che non sia preceduta, ac-
compagnata, attutita e smorzata da bombastiche dichiarazioni di fede e
di fiducia; cosicché solo leggendo fra le righe può individuarsi l' inconve-
niente spesso gravissimo alla cui indicazione il documento tende al di là
di orpelli e cortine fumogene. Figuriamoci poi se dal campo tecnico si passa
a quello operativo. Già nel1915-1918 il timore di apparire disfattisti falsava
molti rapporti (non dimentichiamo la motivazione tipica di tanti "silura-
menti" cadorniani: mancanza di fiducia nell'azione e conseguente impos-
sibilità di "infonderla" nei dipendenti). Sopravvenuto il clima fideistico
del fascismo, la mancanza di entusiasmo costituiva aggravante non lieve
di autentici "crimini" quali la manifestazione di spirito critico e l'assenza
di conformismo adulatorio.
Vi è poi (e non si tratta necessariamente di un difetto) la normale
parcellizzazione del lavoro, quello militare non diversamente da altri. L'uf-
ficiale o l'organo incaricato di studiare un determinato argomento, non
sconfina da questo. Non spetta a lui proiettare le proprie circoscritte con-
clusioni in più ampi contesti che investano la competenza esclusiva di or-
ganismi superiori o presuppongano addirittura verifiche di natura politica.
Al di là di questi aspetti (altri se ne potrebbero aggiungere ma sareb-
bero variazioni sugli stessi temi), stava lo scoglio principale. Ai militari,
o per lo meno ai più accorti fra essi, non sfuggiva e ormai da tempo che,
per quanto irta di pericoli e condita di sgradevolezze, l'unica soluzione
era quella elencata sopra per ultima, ossia la "resa separata". Del resto,
fra i militari come in altri gruppi sociali, non erano certo molti a supporre
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