Page 105 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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MOMENTI DELLA  CRISI  DEL COMANDO SUPREMO                         105

               mento tedesco  verso  l'URSS.  Ossia o una pace separata ovvero il passaggio ad
               una stretta difensiva.  Dall'una cosa o dall'altra sarebbe dovuta sgorgare una
               disponibilità di forze tedesche da rovesciare in Mediterraneo per riguada-
               gnarvi l'iniziativa. In ulteriore sfondo- c'è da supporre- doveva stare
               la  velleità  di  una  successiva  pace  di  compromesso  anche  con gli  anglo-
               amencant.
                    Sempre a tale primo gruppo  presupponente la continuità dell'alleanza
               italo-tedesca, va ascritta anche l'altra "idea" mussoliniana imperniata in-
               vece  sulla Spagna.  Questo paese -  volente o  nolente -  avrebbe dovuto
               subire il passaggio di truppe dell'Asse (cioè in sostanza tedesche) attraver-
               so  il  suo  territorio  non  solo  per conquistare o  neutralizzare la  rocca  di
               Gibilterra ma per prendere alle spalle, attraverso il Marocco spagnolo, le
               armate anglo-americane impegnate in Tunisia capovolgendo la situazione
               nel  Mediterraneo.
                    Il secondo gruppo  di ipotesi,  presupponente invece la fine dell'Asse,  ri-
               guardava l'uscita  dell'Italia  dal conflitto  o  mediante  una  "neutralizzazione"
               da concordarsi tanto coi tedeschi quanto con le Nazioni Unite ovvero per
               mezzo di una pace, ossia una resa separata a queste ultime e contro la volontà
               tedesca.
                    Non occorreva davvero molta perspicacia per intendere già allora il
               carattere irrealistico  se  non addirittura farneticante  di  tutte tali  ipotesi,
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               all'infuori dell'ultima alla fine adottata.< l  Le altre tendevano a fondare su
               presupposti fantasiosi conseguenze non meno irrealistiche. Al riguardo la
               sola differenza che conti sta nel soggetto che la formulava o al quale veni-
               va  proposta.  Riferendoci  alle  anzidette  tre  "soglie"  del vertice  militare,
               alcune distinzioni  appaiono  evidenti.

                    Se consideriamo la "soglia Mussolini", tutto conferma trattarsi vera-
               mente di farneticazioni  senza appello che testimoniano la situazione di-
               sperata in cui il tiranno si era andato a cacciare, la sua tendenza a rincorrere
               fantasmi,  non tanto perché gli mancasse -  almeno a tratti -  la lucidità
               per vederne l'inconsistenza,  ma perché non gli  restava  altro cui  aggrap-
               parsi.  È  risaputo  che  il  capo  del  Governo  fascista  parlava  e  reagiva  in



               (6)  Rinvio alle  osservazioni  di R.  De Felice  sul fatto,  oggi  incredibile ma allora vero,
                  che "nonostante la sua assurdità" una neutralizzazione del paese sia stata per qualche
                  tempo ritenuta possibile da più d'uno benché- sembra -  non dallo stesso Musso-
                  lini né dal Re: Mussolini l'alleato, 2a Crisi e agonia del regime,  Torino, Einaudi,  1990,
                  p.  1129-1130.









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