Page 147 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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L'S  SETTEMBRE  E  LE  FORZE  ARMATE  ITALIANE                    147

                    A tali fatti paradossali indusse la "segretomania", dogma indiscusso
               del governo dei 45 giorni, per la quale si tutelò il segreto, senza ricavarne
               vantaggi,  ma si  mandò a  picco l'Italia.  La  segretomania,  oltre che  in  un
               certo senso imposta dalla politica della  dissimulazione, era notevolmente
               incrementata dalla paura, divenuta negli  ultimi momenti vero e proprio
               panico,  che  cresceva  con  il  passare  dei  giorni,  avvicinandosi  l'ora  dello
               scontro al quale si sapeva di andare ineluttabilmente incontro e del quale
               si aveva terrore, essendo in forse la stessa sopravvivenza fisica  dei vertici
               politici  e  militari.


               La catastrofe militare

                    Conseguenze della  paura furono,  a  mio  avviso:  la  rinunzia  di  fatto
               all'effettuazione  dell'operazione  "Gian t  Two";  la  repentina  decisione  di
               trasferire, da Roma a  Ortona-Brindisi, il Re,  la  famiglia  reale,  il governo
               e i vertici militari; la  mancata difesa e la resa di Roma. La  "Giant Two"
               sarebbe stata importante anche per il suo peso materiale, ma soprattutto
               per il suo valore morale, che avrebbe lievitato non solo lo spirito delle for-
               ze  destinate alla  difesa di Roma, ma anche di  tutte le  altre Forze Armate
               italiane, ovunque dislocate e,  per contro,  avrebbe agito pesantemente in
               termini negativi sul morale di quelle tedesche che,  per esplicita dichiara-
               zione del generale tedesco Siegfried Wertphel, Capo di Stato Maggiore del
               comando del feldmaresciallo  Albert Kesselring,  sarebbero state costrette
               a ripiegare verso nord, con il  risultato di accorciare i tempi della Campa-
               gna  d'Italia  e  di  anticipare la  vittoria  anglo-americana,  con  notevole  ri-
               sparmio di vite umane e di danni materiali all'Italia.  La  questione venne
               trattata,  prima  e  durante la  notte  sull'8,  con  evidente  superficialità  dal



               segue  nota
                   Alfred Jodl. I delegati italiani chiesero il  rientro in Italia della 4 a  Armata e di alcu-
                   ne divisioni dai Balcani, lo spostamento nell'Italia meridionale delle divisioni tede-
                   sche stanziate nel nord Italia, l'attribuzione alle truppe italiane della protezione delle
                   comunicazioni e degli impianti, fatta eccezione della ferrovia del Brennero, da vigi-
                   lare in comune da  italiani e tedeschi. I  delegati  tedeschi  non si  opposero al  ritiro
                   della 4 a  Armata dalla Francia e di alcune divisioni dai Balcani; confermarono che
                   le loro truppe sarebbero rimaste nell'Italia settentrionale, spostandone al massimo
                   qualche aliquota fino all'Arno e a Rimini; comunicarono che alcune divisioni avre-
                   bero occupato la piazza marittima della Spezia e che il feldmaresciallo Rommel avreb-
                   be assumo il comando di tutte le forze del nord Italia, comprese quelle italiane della
                   4 a  e  8 a  Armata;  confermarono che la  protezione delle  comunicazioni  e  degli  im-
                   pianti  doveva  continuare  ad  essere  assicurata  in  comune  (italiani  e  tedeschi).









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