Page 150 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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               decisa, caso per caso, dagli stessi comandanti di gruppo d'armate e di ar-
               mata, molto più propensi in genere a scendere a patti con i comandanti
               tedeschi  che  non allo  scontro aperto.  L'autorizzazione implicita,  e  quasi
               l'ordine, del "tutti a casa" derivò:  dall'esempio dei vertici politici e mili-
               tari,  che,  abbandonarono  Roma,  abbandono  interpretato  da  tutti  come
               fuga; dallo scioglimento "temporaneo" di Superesercito disposto da Roat-
               ta contro l'ordine ricevuto da Ambrosio;  dalla  resa della  capitale. I com-
               portamenti  dei  comandanti  di  gruppo  di  armate  e  di  armata  furono
               sostanzialmente analoghi e la loro tendenziale uniformità rivela che i co-
               mandanti operarono tutti in un generale clima di tensione e di incertezza
               e  nella  convinzione  della  inapplicabilità delle  direttive,  delle  memorie  e
               dei promemoria ricevuti o, quanto meno, della loro scarsa o nulla aderen-
               za  alla  nuova situazione armistiziale,  della  quale vi  fu  un cenno solo  nel
               "Promemoria n.  2 ", l'unico chiaro e semplice che venne peraltro affidato
               per il recapito a ufficiali corrieri, alcuni dei quali non raggiunsero in tem-
               po  i  destinatari.
                    Delle forze terrestri alle  dirette dipendenze del  Comando Supremo,
               blocco  dislocato  nei  territori  occupati  e  nell'Egeo:  la  2 a  Armata,  fallita
               in partenza la costituzione del grosso raggruppamento di divisioni, si dis-
               solse  in  soli  3 giorni  (XI  corpo  d'armata  nella  prima sera  del giorno  9,
               V  corpo d'armata la  sera  del  10, XIII  corpo  scese  a  patti con i tedeschi
               nel pomeriggio del giorno  10);  il  comando del gruppo armate est venne
               circondato da  forze  corazzate  e  blindate  tedesche  e  catturato  il  mattino
               del giorno 11; il comando della 9 a  Armata cessò di esistere a mezzogiorno
               dell' 11  e le grandi unità dipendenti andarono via via sfaldandosi e dissol-
               vendosi, dopo che alcune divisioni di fanteria (Perugia  del IV corpo d'ar-
               mata e Firenze  del XXV) avevano tenuto testa  ai  tedeschi  per più giorni,
               mentre il comando del XIV corpo in Montenegro combatté fino  al matti-
               no del giorno 15  (aliquote della divisione alpina Taurinense,  delle divisioni
               di fanteria Venezia ed Emilia si unirono alle formazioni partigiane iugosla-
               ve);  l' 11 a  Armata,  posta alle  dipendenze del comando misto del gruppo
               di armate del sud-est,  dové scendere a patti con tale comando, che la  la-
               sciò nominalmente in vita fino al  18 settembre con la promessa di far rim-
               patriare il personale, che venne invece internato in Germania (le divisioni
               di fanteria  Pinerolo,  Modena,  Casale,  Cagliari,  Piemonte,  Forlì,  prima  di  de-
               porre le armi, con loro aliquote, si batterono validamente). Le forze italia-
               ne  in  Egeo,  non  sostenute  dagli  anglo-americani,  che  nulla  fecero  per il
               loro rimpatrio come per quello  delle altre grandi unità dei Balcani, con-
               centratesi nei porti di possibile imbarco, dovettero via via deporre le armi









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