Page 154 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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                    Nulla  o  poco,  infatti,  si  può addebitare  alla  gran  parte delle  unità
               terrestri, navali e aeree italiane circa i loro comportamenti nelle giornate
               dell'8  settembre e in  quelle successive. Molte unità terrestri  si  batterono
               valorosamente, superando il momento iniziale di sorpresa, di incredulità
               e,  se  si  vuole,  di sbandamento, mentre la  gran parte delle unità navali e
               aeree,  che furono  in condizioni di  farlo,  obbedirono agli  ordini loro  im-
               partiti di raggiungere porti o basi non caduti nelle mani dei tedeschi. Nel-
               l' ambito di  molte unità,  in particolare della  Marina, sorsero perplessità,
               dubbi e ripulse circa il dovere di consegnarsi agli anglo-americani, ma quasi
               sempre finirono  con  il  prevalere la  disciplina  e l'obbedienza  agli  ordini
               legittimamente emanati.  Molte unità terrestri,  resesi  conto che gli  ordini
               di resa diramati dagli Alti Comandi periferici erano stati estorti dai tede-
               schi  con il  puntare le  armi direttamente contro la  nuca dei  comandanti,
               non si arresero e si  batterono con determinazione, tenacia, coraggio, fino
               ai limiti delle possibilità umane, in Italia, nei Balcani, in Corsica, in parti-
               colare in Montenegro, in Albania, nelle isole dell'Egeo (Cefalonia, Corfù,
               Lero  e altrove)  e a  Roma,  dove  si  combatté,  non solo  a  porta San Paolo
               e  nella  zona  di  S.  Giovanni,  ma in altre  decine  di  località della  capitale
               e dei  dintorni (ponte della  Magliana, Cecchignola,  chiesa  e palazzo della
               civiltà all'EUR, Lunghezza, Capannelle, ecc.) e in molti paesi finitimi (Al-
              bano, Ariccia, Genzano, Velletri, Monterosi, Manziana, Bracciano, Mon-
              terotondo, ecc.).  Nella lotta contro i tedeschi  persero la  vita centinaia di
              ufficiali, sottufficiali e migliaia di soldati sacrificatisi per debito di onore,
              dovere verso la Patria e per fedeltà al giuramento prestato. Molti combat-
              timenti  vennero  ingaggiati  senza  nessuna  speranza  di  successo.
                   Centinaia e centinaia di militari, terminati i combattimenti, si  rifu-
              giarono in montagna e dettero l'avvio, primi di ogni altro, alle formazioni
              partigiane e alla lotta per la resistenza, che furono perciò inizialmente un
              fenomeno pressoché esclusivamente militare, generato, organizzato, fatto
              lievitare  da  militari.  Di  dimensioni  ancora  più  rilevanti,  per  il  numero
              dei militari che coinvolse -  oltre 600 000 -  fu il rifiuto opposto ai tede-
              schi dalla massa dei militari deportati in Germania che preferirono l'in-
              ternamento nei lager e il lavoro coatto alla benché minima adesione ai regimi
              di  Hitler  e  di  Mussolini.
                   Furono, questi appena ora sommariamente ricordati, i lampi di luce
              che ruppero il buio tenebroso dell'8 settembre e furono quasi solo i solda-
              ti  delle  tre  Forze  Armate  a  farli  scoccare  e  splendere.









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