Page 213 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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212 GIORGIO PETRACCHI
Per influenzare l'andamento dei colloqui nel senso desiderato dai so-
vietici il Cremlino aveva mandato a Washington un segnale chiaro e for-
te; il 2 3 maggio con atto di estrema condiscendenza verso gli Occidentali
fu decretato lo scioglimento del Comintern. Tuttavia, nonostante questo
ed altri segnali di buona volontà gli esiti della conferenza avevano confer-
mato le più pessimistiche previsioni di Stalin. 114 giugno, l'ambasciatore
americano a Mosca, l'ammiraglio William Standley, gli comunicò, infatti,
il rinvio dell'apertura del secondo fronte all'anno dopo e la prosecuzione
della "diversione mediterranea" con l'accensione di un "piccolo secondo
fronte" in Sicilia e in ltalia.03)
Il cambiamento della strategia d'invasione e l'adozione, come surro-
gato, del piano Husky (questo era il nome in codice dello sbarco in Sicilia),
con le sue implicazioni politico-militari (provocare l'uscita dell'Italia dal
conflitto e usare il suo territorio come base per l' ntensificazione, tra l'al-
tro, delle operazioni contro le posizioni dell'Asse nei Balcani), provocaro-
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no "a Mosca la più viva indignazione". 0 l Quando, qualche mese dopo,
Majskij tornò in Russia tale indignazione non si era dissipata. La diversio-
ne mediterranea, il rinvio del secondo fronte e la prospettiva di un gioco
politico in Italia condotto sullo sfondo di una diversione balcanica, stava-
no mettendo "a dura prova" - scrisse Stalin a Churchill il 24 giugno
1943 -la fiducia della Russia negli alleati. Misuriamo appunto le parole
di quello che appare il passo più significativo della lettera di Stalin:
«Quanto al governo sovietico, esso non ritiene possibile aderire a questa decisio-
ne, che presa per giunta senza la partecipazione sovietica e senza il tentativo
di discutere insieme questa importantissima questione, potrebbe avere oggi gra-
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vi conseguenze per l'ulteriore andamento della guerra». os l
Lo stesso Majskij, irritatissimo per il comportamento di Churchill e
di Roosevelt, avrebbe voluto che il governo sovietico non si dovesse limi-
tare alle sole parole, ma dovesse «manifestare il proprio sdegno agli alleati
con qualche atto concreto. Ma quale?». L ambasciatore sovietico si affret-
ta a chiudere l'interrogativo sollevato e circoscrive la portata di quell'atto
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concreto ad una misura diplomatica.0 l Poco dopo la metà di giugno, in-
fatti, gli ambasciatori sovietici furono richiamati dalle capitali occidentali.
(13) I. Majskij, op. cit. , p. 389.
(14) Ibidem, p. 390.
(15) Corrispondenza tra Sta/in, Churchill .. . , cit., vol. l, p. 153.
(16) I. Majskij, op. cit., p. 391.
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