Page 309 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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308 NICOLA DELLA VOLPE
agli avvenimenti politici e militari, potrà essere scritta per aggiustamenti
successivi soltanto quando sarà fatta piena luce su quegli avvenimenti. E
dovrà essere il risultato di una ricerca interdisciplinare perché sarebbe pre-
suntuoso, per lo storico, affrontare tale materia senza ricorrere al contri-
buto degli specialisti della comunicazione e dell'informazione.
Al momento sono possibili solo epidermiche riflessioni di carattere
generale.
A grandi linee, si può affermare (o meglio ribadire) che la propagan-
da attuata nell'anno non ebbe alcun effetto, sia sul morale che sullo spiri-
to combattivo delle truppe.
Mancò, infatti, di quel primario requisito e di quella peculiarità che po-
teva renderla efficace, e che gli studiosi di pubblicismo chiamano "aderenza".
Completamenti avulsi dalla realtà furono i temi che essa continuò a propinare
per parecchi mesi al Paese, e quindi anche ai militari, di una possibile vittoria
finale grazie al valido concorso dell'alleato tedesco contro nemici "plutocrati"
e "bolscevici". La fede nell'alleato finì nel ridicolo quando agli occhi di tutti
fu evidente che esso non era - e forse non lo era mai stato - tale.
La propaganda militare, in particolare, ebbe effetti controproducen-
ti su capi e gregari: le continue circolari di propaganda, incerniate sull'a-
mor di Patria e sull'onore militare (che avrebbero dovuto risollevare animi
afflitti) per il tono minaccioso e colpevolizzante dei contenuti provocaro-
no- come abbiamo visto- solo risentimenti e si esaurirono tra l'indif-
ferenza totale.
Né la disfatta dell'8 settembre ebbe effetti aggreganti, come era suc-
cesso nel 1917 con Caporetto: con l'Italia divisa, l'intimo conflitto in cui
ciascuno venne a trovarsi, il Paese disastrato e occupato, il capovolgimen-
to di fronte e obiettivi, nessuna propaganda poteva prendere piede.
L'unica azione propagandistica, dopo l'armistizio, proponibile e pro-
posta, fu quella rivolta a coagulare attorno alla monarchia le residue risor-
se spirituali; ma anche essa, dettata più che sentita, non ebbe la necessaria
credibilità.
Neppure il nuovo alleato, in cui molti avevano riposto le proprie spe-
ranze, seppe predisporre gli animi: impegnato, nel condurre la guerra psi-
cologica ad imporre i propri fini, al di là di ogni realistica accettazione,
eluse la scelta di obiettivi ben definiti e preferì non scegliere, in nome di
una presunta e pretestuosa democrazia. Consentendo, così, la moltiplica-
zione di divisioni e contrapposizioni, in un Paese e in un momento in cui,
invece, una previdente attività propagandistica avrebbe dovuto mirare a
"serrare i ranghi" .
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