Page 359 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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               gretario  alla guerra Stimson difese  "le nobili  tradizioni  di  Casa  Savoia"
               e mise in guardia contro una frettolosa  introduzione della democrazia. OB)
                    Dunque "al di là della superficie rigoristica", rappresentata dalla re-
               sa  incondizionata, le  posizioni americane, ha osservato Di Nolfo,09) era-
               no "tutt'altro che monolitiche" e oscillavano "tra due estremi: un estremo
               di intransigenza, destinato a soddisfare le attese dell'opinione pubblica de-
               mocratica e un estremo di flessibilità,  forse ancora più elastica e spregiu-
               dicata di quella britannica". Spregiudicatezza di cui gli Stati Uniti avevano
               dato prova fin  dal momento dell'entrata in guerra dell'Italia, facendo sa-
               pere al  Re Vittorio Emanuele III  che  il  popolo  italiano  poteva  "contare
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               su  un  benevolo  ascolto" < )  da  parte degli  americani.
                    L'impreparazione ad affrontare il crollo del fascismo e la  mancanza
               di prospettive strategiche della politica americana indussero Washington
                                                                                  2
               ad essere  per lungo tempo in Italia  a  rimorchio  della  Gran Bretagna <0
               e a lasciar prevalere le opinioni dei militari come Eisenhower, che coinci-
               devano  in  larga  misura  con  quelle  del governo  di  Londra,  anche grazie
               all'influenza esercitata da Harold Macmillan presso il comando alleato nel
               Mediterraneo. La richiesta di Churchill, nell'aprile 1943, che la Gran Bre-
               tagna fosse  "Senior Partner" nell'amministrazione militare alleata in Ita-
               lia, era stata respinta da Washington,< 22 ) ma Londra si  assicurò çomunque
               all'inizio una supremazia di fatto.  L'Italia rappresentava il primo impor-
               tante banco di prova per i progetti americani di ricostruzione postbellica,
               ma Washington giunse all'appuntamento senza idee precise su come met-
               tere in pratica alcuni suoi principi generali e riluttante a lasciarsi troppo
               coinvolgere nelle complicate vicende politiche italiane:  "In breve gli ame-
               ricani volevano guidare gli  sviluppi italiani in accordo con i dettati delle
               necessità militari,  ma in una direzione genericamente liberale.  Volevano


               (18)  Cfr.  E. Aga  Rossi,  L 'Italia nella sconfitta: politica interna e situazione internazionale du-
                    rante  la  seconda  guerra  mondiale,  Napoli  1985,  p.  122-124.
               (19)  E.  Di  Nolfo,  op.  cit.
               (20)  Cfr.  M.  De Leonardis, "Gli Stati Uniti e la guerra", in L'Italia in guerra. Il secondo
                    anno- 1941,  a  cura  di  R.  H.  Rainero  e A.  Biagini,  Roma,  1992,  p.  89.
               (21)  Cfr. Edelman, op. cit.,  p. 36, 45, 50, 97; Varsori, Gli alleati ... , cit., p. 328; G. Mam·
                    marella, La politica americana verso l'Italia durante la cobelligeranza, in Ministero della
                    Difesa - Comitato Storico "Forze Armate Guerra di Liberazione", La cobelligeranza
                    italiana  nella  lotta  di  liberazione  dell'Europa,  Roma,  1986,  p.  381.
                (22)  Cfr. A.  Varsori, "Senior" o "Equa!"  Partner?, in Rivista di studi politici internaziona-
                    li, a.  XLV, n. 2, aprile-giugno  1978, p.  229-260 e Sir L. Woodward, British Foreign
                    Policy  in  the  Second  World  War,  vol.  II,  Londra,  1971,  p.  481.








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