Page 491 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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                    Il nuovo Stato nacque dunque con la volontà di esorcizzare dalla me-
               moria storica dei fascisti tre date. L'otto settembre, anzitutto, la cui vergo-
               gna sarebbe dovuta essere cancellata con una rinnovata alleanza all'Asse.
               Quindi il  venticinque luglio,  data  del  tradimento  interno,  una  colpa  da
               espiare con l'esemplare punizione dei membri del Gran Consiglio che ave-
               vano votato l'ordine del giorno Grandi e di tutti quei fascisti che a v eva no
               avallato tali scelte.  Infine,  il  28 ottobre  1922, una data certo non  da  di-
               menticare dal punto di vista iconografico -  se  non addirittura liturgico
               -  come apice della "Rivoluzione fascista". Il ventotto ottobre sarebbe do-
               vuto essere cancellato nel suo significato di accordo e compromesso defi-
               nitivo con l'Istituzione monarchica e con il grande Capitale, di abbandono
               di tutte quelle velleità socialisteggianti e repubblicane delle origini, di chiu-
               sura dell'intera fase "movimentista" delle Squadre d'azione. Da quella data
               il  Fascismo-movimento  si  era trasformato  in  Fascismo-regime,  struttura
               parallela al complesso burocratico industriale-militare legato alla Corona
               e posta sostanzialmente in difesa  dell'ordinamento capitalistico tradizio-
               nale.  Quei vent'anni di Regime sotto il  simbolo congiunto dello Stemma
               sabaudo e del Fascio littorio sarebbero stati citati -  talvolta benevolmen-
               te  -  dal  solo  Mussolini,  quasi  che  il  Duce fosse  ansioso  di  dimostrare
               la giustezza di una scelta compromissoria dettata dalle contingenze di al-
               lora. Ma gli  altri  esponenti della  RSI,  a  cominciare da  Pavolini (il  "pic-
               colo  Robespierre",  la  "figura  tragica  di  invasato"  secondo  Cione)< 20 >
               avrebbero  citato  il Ventennio  soltanto  marginalmente,  preferendo  colle-
               garsi idealmente all919-1922 quasi alla ricerca di una seconda giovinezza.
                    Respinti con odio tanto l'istituzione monarchica quanto l'ordinamento
               capitalistico, la scelta dei neofascisti non poté che essere repubblicana e in
               qualche modo "socialista". La Repubblica fascista, sociale, rivoluzionaria del
               Nord- attingendo dal patrimonio ideale di Piazza San Sepolcro- si sa-
               rebbe contrapposta come "Stato di popolo" al Regno del Sud, conservatore
               ed autoritario che gli esponenti di Salò consideravano privo di un concreto
               consenso  popolare.  Una  scelta  di  campo,  quella  decisa  dai  leader  della
               RSI che non sarebbe stata indolore. Diversi furono i casi di vecchi e convinti
               fascisti che, piccoli proprietari di terre o imprese, rifiutarono di sposare un
               programma tanto ardito:  un esempio per tutti fu  Leandro Arpinati,  che




               (20)  E. Cione,  Storia  della  Repubblica  Sociale  Italiana,  Latinità, Roma,  1951, p.  129·130.








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