Page 520 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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LE  RESISTENZE  MILITARI  ED  l  LORO  TEATRI                     517

               e caserme assaltate. Un quadro desolante che denuncia nei nostri Coman-
               di una scarsa valutazione di quello che stava avvenendo sotto i loro occhi
               in  Italia  e  quasi  un  voler  ignorare  quella  invasione,  prima  strisciante  e
               poi aperta,  che i  tedeschi  avevano  iniziato già prima del  25  luglio. Una
               invasione non contrastata né contestata -  se non debolmente, in qualche
               caso -  per far  credere ai tedeschi, supposti ingenui, che la guerra conti-
               nuava.  Una  commedia  pirandelliana.
                   In  realtà,  dal  punto di  vista  militare,  indipendentemente dai  bom-
               bardamenti, l'Italia era la  retrovia di una guerra che si  combatteva tutta
               fuori  dai confini. E della  retrovia aveva molte caratteristiche:  depositi di
               materiale bellico da custodire, reparti reduci da vari fronti  da riorganiz-
               zare o da ricostituire con nuove reclute da addestrare, compagnie deposi-
               to, ospedali e -  perché no? -  l'immancabile fiume di raccomandati addetti
               a  compiti  vari.
                   In questo quadro l'annuncio dell'armistizio determinò situazioni con-
               fuse,  contraddittorie, anche disperate. Dominò, soprattutto negli alti gra-
               di,  l'impreparazione ad affrontare gli  eventi.  Si  ebbe una  situ~zione che
               non permette di individuare in Italia un'area di resistenza vera e propria.
               L'unica avrebbe potuto essere Roma e il Lazio in genere, e in parte lo fu,
               ma delle numerose Divisioni e corpi speciali disposti intorno alla capitale
               (almeno 70 000 uomini) poche unità furono veramente impegnate e sem-
               pre in posizioni di difesa, rispettose della direttiva dei Comandi di evitare
               di  disturbare  i  tedeschi  con  iniziative  ostili.

                    Considerando che alcuni capisaldi a Roma resistettero fino al pome-
               riggio del 9 settembre e che nel giorno successivo -  nel corso di una tre-
               gua d'armi che in realtà fu un accomodamento -  furono ben 414 i militari
               che caddero in poche ore di combattimenti, dobbiamo dedurre che un'a-
               rea  di  resistenza  idealmente ci  fu  ma ben altra avrebbe potuto essere se
               i  Comandi  avessero  assunto  una  posizione  più  ferma.
                   Dicevamo che ci fu  una fioritura di episodi e in realtà furono nume-
               rosi. Ricordo in questo contesto la 4 a Armata che sorpresa in fase di rim-
               patrio diede numerose prove di combattività finendo con alimentare, con
               centinaia di  ufficiali  e  soldati,  le  formazioni  partigiane che  in  Piemonte
               si an da vano costituendo; la 7 a Armata, nel sud, nella quale molti ufficiali
               furono  fucilati  col  preciso  intento  di  privare le  nostre  unità  dei  coman-
               danti  che  volevano  resistere  al  disarmo.
                   Nel settore dell'Sa  Armata g!i  scontri  furono ·più  numerosi.  Le  sue
               unità, a ridosso del confine nord, erano rimaste spettatrici inoperose del-








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