Page 531 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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impartita soltanto l' 11 settembre: ovverosia il terzo giorno dopo la fuga
di Vittorio Emanuele III ed il suo seguito dalla Capitale.
Riguardo a tale problema si è sostenuto che la fuga del Re sia stata
assolutamente necessaria per garantire la continuità dello Stato italiano.
Va bene, però la stessa spiegazione non può essere ritenuta altrettanto va-
lida per i generali che abbandonarono Roma con il Sovrano mentre le lo-
ro truppe stavano per affrontare la Wehrmacht.
Non convince neppure l'asserzione, a posteriori, che quella situazio-
ne confusa in cui vennero abbandonati i militari italiani dopo 1'8 settem-
bre, sia stata in fondo il male minore. Perché, una volta ammesso che i
soldati italiani non avrebbero avuto la pur minima possibilità di opporsi
alle unità tedesche, sarebbe stato lecito attendersi un ordine di resa im-
partito da Comandi consapevoli delle proprie responsabilità.
L'aver lasciato invece tutte le truppe in preda ad un caos prevedibile
era senza il minimo dubbio in contrapposizione alle migliori tradizioni
militari. Poiché prescindendo nel modo più assoluto da qualsiasi valuta-
zione della situazione, per quanto ottimistica o pessimistica potesse esse-
re, le truppe del Re avevano l'incontestabile diritto di essere guidate dai
loro superiori e di ricevere ordini ben precisi. In realtà le Forze Armate
vennero abbandonate dai vertici militari proprio nel momento peggiore
della crisi: e ciò in genere è considerato tradimento.
Ed i militari italiani si videro traditi perfino una seconda volta quan-
do i generali della Wehrmacht, in perfetta malafede, assicurarono loro che
subito dopo la consegna delle armi i soldati in madrepatria potevano ri-
tornare a casa, mentre le truppe disarmate al di fuori del territorio nazio-
nale sarebbero state immediatamente rimpatriate. Prestar fede ad una simile
promessa fu certamente sconsiderato, ma non del tutto incomprensibile.
Comunque sia, è ovvio che senza il ricorso al perfido inganno il disarmo
sarebbe stato in molti casi più difficile e avrebbe avuto in alcune situazio-
ni un esito diverso.
La dimensione criminale della reazione tedesca
Per quanto concerne la risposta tedesca all'armistizio si deve accetta-
re che dal punto di vista dei vertici politici e militari di Berlino fu logico
- tenuto conto come si sviluppò la situazione strategica dal luglio al set-
tembre del 1943 - che si preparassero l'occupazione dell'Italia ed il di-
sarmo delle sue truppe. Questi fatti si possono interpretare in quanto
contromisure dettate dalla politica realistica o di potenza.
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