Page 535 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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               ciali  e  della  memorialistica  si  ha  invece  l'impressione  che  agli  internati
               militari  fin  dall'inizio  non  fosse  riservato  che  il  disprezzo.
                   Significativamente le vittime definirono già i trasporti come l'antica-
               mera dell'inferno dei  Lager.  Si  legge  di  carri bestiame sovraccarichi fino
               all'inverosimile che non venivano mai aperti per giorni e giorni. Mancava
               il cibo, l'acqua e la possibilità di soddisfare i bisogni corporali più essenziali.
               Oltremodo inumani erano i trasferimenti per mare dalle isole greche sulla
               terraferma. Lo  spazio utile sulle navi veniva sfruttato fino  ai limiti estre-
               mi. L'imbarco dei prigionieri avveniva senza riguardo alle possibili perdi-
               te,  cioè  senza  considerare  quante  scialuppe,  giubbotti  di  salvataggio  ed
               anelli salvagenti fossero disponibili. Come conseguenza di ciò il trasporto
               marittimo equivalse per migliaia di  internati ad una condanna a  morte.
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                    Infatti il  17% -cioè 13 300< > dei  76 700 italiani imbarcati- tro-
               varono la morte in mare. A differenza di ciò nell'autunno del 1944, quan-
               do  il  Gruppo  di  Armate  F  ritirò  le  proprie  truppe  dalle  isole  del
               Mediterraneo  orientale,  dei  circa  3 7 200 soldati  tedeschi,  che  salirono a
               bordo delle navi, solo 380 morirono e ciò nonostante sia stato affondato il
               71 % della stazza lorda impiegata. Quindi, per quel che riguarda i tedeschi,
               non il  l 7%  degli uomini trasportati, come nel caso degli italiani, ma sol-
               tanto l'l%  perse la  vita.  Tali  cifre  non  hanno  bisogno  di  commenti <9>.



               (8)  Questo totale delle perdite è comprovato dai dati forniti dalla Kriegsmarine.  E parten·
                  do  da tale somma si  credeva  finora  · per conseguenza di un calcolo  indiretto - che
                  in occasione dell'affondamento della  nave Mario  Rose/li l'l l  ottobre  1943 nel  porto
                  di  Corfù avrebbero  perso la  vita  circa  1300 prigionieri  italiani.  Per  i dettagli  cfr.
                  G.  Schreiber,  I militari italiani internati,  cit.,  p.  339-383. Dal Diario di guerra della
                  l a divisione da montagna risulta invece che i morti italiani nell'ambito dell'affonda-
                  mento di  questa  nave  furono  soltanto trenta.  Cfr.  l. Geb. Div./Ia,  Kriegstagebuch
                  n.  7,  Einsatz Balkan - Fall  "Achse"  [diario di guerra  n.  7,  impiego  Balcani - caso
                  "Asse"], 1.9.1943-12.11.1943, entrata 10.10.1943: "alle 07.45 il piroscafo Mario Ro-
                  se/li viene attaccato nel porto di Corfù  da  4 bombardieri (Zerstiirerflugzeuge)  inglesi. Le bombe
                  danneggiarono gravemente la nave.  I 5000 italiani già imbarcati sono  colti dal panico e gran
                  parte di  loro  si  getta  in  acqua,  circa  30 italiani  affogano,  gli  altri  raggiungono  a  nuoto  la
                  terraferma"; BA-MA, RH 28·1/107. Dato il  fatto  che  nessun  altro  documento della
                  Wehrmacht indica il numero delle perdite italiane si  potrebbe accettare quell'indica-
                  zione isolata nel diario di guerra della  l a  divisione da montagna. Va tuttavia sottoli-
                  neato  che  una rettifica  del  numero degli  italiani morti sulla  nave  Mario  Rose/li  non
                  cambierebbe comunque la cifra del totale degli italiani deceduti durante il trasporto
                  dalle  isole  del  Mediterraneo  orientale  alla  terraferma  greca.
               (9)  Per  i  dettagli  cfr.  G.  Schreiber,  I  militari italiani internati,  cit.,  p.  339-383.








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