Page 541 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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               "300 gr[ammi} di pane e un litro di minestra, tanto per dire minestra".
               Un internato era "scalato di 15  [chili} e non solo questo lavorare, ma[ ... }
               bastonate" .
                    Quasi lo  stesso  tono lo  si  ritrova in una lettera dallo  STALAG II D
               di Stargard:  "solo mi danno un po'  disturbo le  due ferite" . Tu "capirai
               [ ... } bastonate e lavorare [ ... } ma  resisterò  anche questo".  E dallo  STA-
               LAG XII F di Freinsheim un internato militare raccontò: "chi non lavora
               son guai e quasi senza mangiare; dunque si  deve lavorare per forza se  no
               sono  botte".
                    Non possono pertanto sorprendere i casi di denutrizione che venne-
               ro segnalati ed i disperati appelli ai famigliari per l'invio di generi alimen-
               tari. Un ignoto sottufficiale dello STALAG IV G di Oschatz scrisse, soltanto
               per addurre un esempio, "qui si muore di fame" ed "il mio peso normale
               è ridotto con la diminuzione di ventiquattro chili". Pertanto "non esitate
               a spedirmi qualcosa di gran sostanza". Allarmante la situazione in un campo
               di lavoro dello STALAG VIII C di Sagan dove la direzione del Lager dimi-
               nuì  il  rancio  nonostante il  fatto  che  la  metà degli  allora  800 prigionieri
               doveva ritornare "al campo per deperimento organico". E l'angoscia mor-
               tale emerge nella lettera di un sottufficiale dello STALAG IV B di Muehl-
               berg  che  chiese  "la  misericordia  di  un  pacco  con  roba  da  mangiare",
               continuando:  "conosco  i vostri  sforzi  ma fateli  per carità.  Perché "sono
               deperito"  e  "ho bisogno  [. .. } se  debbo  rivedere  i  miei  cari".
                    Numerose furono  inoltre le  segnalazioni  di  casi  di  tubercolosi.
                    Alcuni  vennero  rimpatriati,  altri  morirono  nei  campi di  prigionia.
               Bastano  pochi  esempi.  Nello  STALAG  IV  D  di  Torgau  un  sottufficiale
               constatò:  "Parecchi miei compagni sono affetti di T.B.C.  cosa che deriva
               dal forte deperimento". Mancò soprattutto e dappertutto il cibo. Più det-
               tagliata fu la lettera di un ufficiale medico dello ST ALAG XVIII A di Wolf-
               sberg che informò sul fatto  che  "le condizioni di  vita"  cominciarono  "a
               farsi  piuttosto difficili,  specie per il  vitto  [ ... } assolutamente insufficien-
               te". Egli continua: "La conseguenza è che molti nostri ragazzi [ ... } prima
               in buona salute improvvisamente si  ammalano gravemente"; e "sono di-
               ventati piuttosto frequenti  i casi  di T.B.C.; da duecento ammalati ne ab-
               biamo una cinquantina". Ma "la vera tragedia è che si  hanno pochissimi
               mezzi per curarli". Nello STALAG IV F di  Hartmannsdorf "tutti italiani
               non" pesavano più di 45 chili e "3 quarti" erano "tubercolosi". Secondo
               lo  scrivente si  mangiarono "ogni 24 ore due patate". I tedeschi si videro
               infine  costretti  a  rimpatriare  circa  400 tubercolosi  dallo  STALAG  VIII
               di  Gorlitz.









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