Page 543 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 543
540 GERHARD SCHREIBER
Dalle osservazioni di un ufficiale medico dello ST ALAG V C di Of-
fenburg risulta che qui "i tubercolotici" morivano continuamente. Ne de-
cettero tanti, troppi! In questo contesto un sottufficiale dello STALAG VIII
B di Lamsdorf confessò: "ho sofferto moltissimo" e "mi meraviglio come
il mio fisico ha potuto resistere, mentre ho visto venir meno tanti miei
compagni di me più forti e più abituati ai lavori [ ... } in inverno special-
mente [ ... } nei lavori di miniera" . Mosso da paure molto simili un prigio-
niero dello STALAG XI A di Altengrabow si rivolse al Signore pregandolo
di farlo "ritornare a casa [ ... } col telaio [ ... } che tanti di [suoi} compagni
che ci lasciano la pelle". La speranza muore per ultima e ciò traspare in
una lettera dallo STALAG IV A di Hohnstein: "fame continuamente" , ma
"speriamo di resistere ancora e di non fare la fine che hanno fatto tanti
mtet compagni" .
Si trattava di una combinazione letale: lavoro pesante, freddo, fame,
alimentazione insufficiente, vestiario inadeguato e penuria di medicinali.
Interessanti inoltre le informazioni da parte degli ufficiali internati
"di essere stati soggetti a pressioni e vessazioni affinché aderissero a lavo-
rare" per la Germania. Molti accennarono di aver rifiutato. Scrisse per
esempio un ufficiale dallo Oflag (campo di prigionia per ufficiali) VI C
di Oberlangen: "qui ci invitano ad andare a lavorare ogni giorno più insi-
stentemente; però finché ce la faccio sto qui". Ed un suo compagno di
sorte, che fu prigioniero nello STALAG VI G di Bonn-Duisdorf, informò
0
i propri famigliari (in ogni caso prima del l ottobre 1944): "attualmen-
te io mi trovo di passaggio in un campo di Bonn dove siamo stati condotti
per aderire al lavoro; io non ho aderito [ ... } io resisterò" .
Altri furono meno forti, si videro "costretti ad accettare" . Essi ebbero
.!'troppa fame". Ma ci fu anche la paura delle rappresaglie. Osservò per
esempio un sottufficiale dello STALAG X A di Schleswig: "siamo obbligati
al lavoro noi sottufficiali e parte degli ufficiali" . Io "non parlo del mangiare
[ ... } guai a chi parla perché rispondono subito con le mani e coi piedi".
Anche la diffidenza dei tedeschi fece parte della vita nei campi di
concentramento. Sembra davvero di "particolare rilievo" la segnalazione
di un internato dallo STALAG XVIII C di Markt Pongau (identico con
lo STALAG 317) che notò: "dopo 9 mesi qui al campo è venuto il cappel-
lano militare a dirci la S. Messa e così mi sono fatto la S. Comunione ma
senza la confessione e avendo mangiato, come pure tutti i miei compagni
perché è vietato parlare da solo, a tu per tu". Era praticamente proibito
parlare col sacerdote senza la presenza di una spia tedesca.
I-VOLUME-quarto-anno-1994.indd 540 03/03/16 17:13

