Page 547 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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               buita la  sera per il giorno successivo".  Un secondo  rancio comprendeva
               "un litro di minestrone di carote senza pasta, raramente con poche patate".
                    Gli ufficiali che vivevano in baracche separate ricevevano "lo stesso
               vitto del soldato". Perfino agli ammalati -  ricoverati presso le infermerie
               -  spettava tale "razione comune". Secondo questo rapporto furono fre-
               quentissimi i "casi di ti  si e di esaurimento nervoso". E si registra va un'e-
               levata  mortalità.
                    Di particolare interesse è l'osservazione seguente, di Montefiori: "Molti
               prigionieri (ufficiali e soldati) fino al  10 gennaio [1944} ebbero la facoltà
               di optare per l'Esercito Repubblicano entrando a far parte successivamente
               della  Div.  S.  Marco,  solo  allo  scopo di  sottrarsi alla  prigionia, di avere la
               possibilità di  riprendere le  aqni e attendere il momento della vendetta".

                    Infatti secondo un testimone oculare perfino il capo del Servizio As-
               sistenza Internati militari e civili presso l'ambasciata della Repubblica So-
               ciale Italiana a Berlino, Marcello Vaccari, aveva detto- verso la fine del
               1943 -   nei confronti di un gruppo degli ufficiali catturati nel campo di
               concentramento  327  di  Przemysl  del  cosiddetto  Governatorato  Genera-
                  2
               le: < 6l  "Gli italiani  servono  in  Italia  per  poter cacciare il  tedesco  al  mo-
               mento  opportuno".  Voleva  in  tale  modo  motivare  questi  internati  ad
               abbandonare l'Oflag,  nel  quale  rischiavano  di  morire  uno  dopo  l'altro.
                    Sono  rari  e pertanto particolarmente preziosi  i  racconti  dei  soldati
               semplici sulle esperienze nei  campi della  Wehrmacht.  Una tale fonte  rap-
               presenta il diario di prigionia del giovane contadino Teresio Deorsola ini-
               ziato 1'8 settembre del 1943 e interrotto il16 marzo 1945 quando l'autore
               viene  diagnosticato  tubercolotico.
                    Nel suo  diario si  legge: (27)  "Giovedì - Giornata crudele, la  più cru-
               dele della  mia vita del mio porco destino.  Sono  andato a  Mainz ai  raggi
               sono stato riconosciuto". Tre giorni prima era morto il suo amico. La causa?
               Tubercoloso. Quasi un anno dopo, il 22 marzo 1946, questa malattia per-
               fida  fece  morire Deorsola  che  ha  scritto un diario  di  grande obiettività.
               Ma anche lui chiama i tedeschi "vigliacchi" e "bestie"  .< 28 l  E si  capisce per-
               fettamente il perché di tali assersioni -  considerando che troppi interna-
               ti  militari  ammalati  arrivarono  alla  morte  -  leggendo  entrate  come


               (26)  Cfr.  G.  Schreiber,  I  militari  italiani internati,  cit.,  p.  518.
               (27)  L.  Lajolo,  La guerra non finisce  mai.  Diario di prigionia di un giovane contadino, Torino,
                   Edizioni  Gruppo  Abele,  1993,  p.  167.
               (28)  Ibid.,  p.  145,  6.2.1944.








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