Page 545 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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               genere, spoliazioni, malattie, molti casi letali per denutrizione. Duecentot-
               tanta militari d'ogni arma e grado, in una baracca. Appelli diurni e notturni
               che non finivano  mai, sotto la  pioggia,  il  nevischio,  il vento ed il freddo
               acuto.  Personale  tedesco  addetto  al  campo,  esclusivamente  prussiano".

                   Sembra doveroso aggiungere che- secondo l'esperienza del capita-
               no Menis e dei suoi compagni -  il trattamento degli italiani da parte dei
               francesi,  dopo  la  'liberazione',  non  fu  meno  crudele  che  quello  tedesco:
               "spoliazioni", "bastonature", "angherie", "improperi, sputi, insolenze di
               ogni genere",  " conoscenza  con le  carceri  francesi" ,  "perquisizioni e  se-
               questro  di  quello"  che  agli  italiani  era  finora  rimasto.  Menis  fu  " preso
               a  calci  nel ventre,  buttato in una  cella,  sempre senza  mangiare"  per tre
               giorni.  Gli  italiani furono  trasportati "in carri completamente chiusi,  al
               buio, senza aria, dai 50 ai 60 per carro. Come viveri di viaggio 750 gr[am-
               mi}  di  pane e  100 grammi di  formaggio  marcio. Uscita  dai vagoni  una
               volta al giorno, a turno per i propri bisogni corporali. Tutte queste opera-
               zioni  fatte  in fretta  e furia  sotto le  minacce delle mitragliette dei  maquis
               di  scorta".
                   I prigionieri 'liberati' arrivarono finalmente alle prigioni di La Ban-
               mettes presso Marsiglia, e Menis osservò: "Ambiente di terrore, bastonatu-
               re selvagge per nonnulla, fame da impazzire, freddo, spogliati per l'ennesima
              volta, negri senegalesi che se ne escono dalla cella piangendo perché incapaci
               di  resistere  allo  spettacolo  di  bastonature  inflitte  al  sergente  Galioto,  al
               marò Lo  Faro ed a tanti altri  disgraziati, che avevano  tentato  di salvare
               qualche decina di franchi riusciti a nascondere nelle pieghe dei vestiti. Dopo
               pochi giorni primi svenimenti in seguito a debolezza". La relazione conti-
               nua:  " Niente sapone,  nessuna possibilità di radersi,  di  tagliare i capelli,
               di mantenersi puliti.  Dodici uomini per cella  per non morire di freddo,
               senza paglia, senza coperte, le finestre senza vetri, un pane in nove perso-
               ne, una zuppa a base di acqua e qualche foglia di cipolla una volta al gior-
               no costituiscono il vitto giornaliero." Il capitano parlò infatti di prigionieri
               italiani che facevano  "a gara per portare le immondizie nell'apposita fos-
               sa  del cortile perché qui c'era la  possibilità di trovare qualche buccia di
               patata o qualche cipolla scartata dalla cucina perché completamente mar-
               cia". Alcuni ex  internati militari che  ancora  potevano muoversi cammi-
               navano "curvi, strisciando pesantemente, con le facce stravolte, lo sguardo
               inebetito" . Essi  protestarono  presso  il  comando  della  prigione,  la  solita
               risposta  negativa  da parte di  quest'ultimo comprovava che tutto ciò  era
               la  vendetta  per  la  guerra  contro  la  Francia  nel  1940.








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