Page 569 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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               la  distruzione  di  Londra,  ed il risultato  di  rendere  impossibile  l'utilizzazione dei
               porti inglesi per almeno  sei  mesi.  Dopo  questa  incursione  (egli)  non  aveva più  la
                                                                                   4
               possibilità  di  usare  i suoi  razzi  e le  sue  bombe  volanti  almeno  sino  al 1944". < l
                    Non è rimasta alcuna traccia delle reazioni che la distruzione di Pee-
               nemiinde provocò nella Monarchia e nella dirigenza italiana, ma è invero-
               simile supporre che quel bombardamento non abbia trascinato con se lo
               scioglimento del dilemma. Sta ed è comunque di fatto  che vere e proprie
               trattative di armistizio, a livello responsabile ed autorizzato, presero for-
               ma soltanto il  18 agosto,  quando si  decise di inviare a Lisbona sia Dino
               Grandi che il generale Zanussi, essendosi -  come si disse -perse le tracce
               del generale Castellano.  Ma in quei giorni fatali,  vi fu  probabilmente an-
               che qualcosa di più, poiché la  distruzione di  Peenemiihde dovette essere
               messa forzatamente in relazione con i massacranti bombardamenti alleati
               che a mezzo agosto avevano devastato il triangolo industriale italiano, Tori-
               no,  Milano e Genova. Ad eccezione di Napoli, Foggia e della Sicilia,  con
               l'aggiunta delle basi navali di La Spezia, Cagliari e La Maddalena, l'Italia
               aveva  fino  a  quel momento poco  sofferto  per i  bombardamenti aerei,  e
               quello di mezzo agosto fu davvero un terribile risveglio, sul cui significato
               non ci si poteva ingannare. E neppure sulle conseguenze materiali: nel gi-
               ro  di  pochissimi giorni  l'Italia  settentrionale,  nella  parte che  industrial-
               mente contava di più, fu percossa a morte, con le comunicazioni scardinate,
               enormi distruzioni cittadine, e l'imponente diaspora di milioni di cittadi-
               ni  nelle  campagne.  È dunque  fondato  parere di  chi  scrive  che  si  debba
               rifiutare una interpretazione unitaria dei quarantacinque giorni,  con il suo
               conseguente ed automatico legame tra colpo di Stato ed armistizio.  Sugli
               alti livelli  militari e politici italiani, le  interdipendenze con l'andamento
               generale  della  guerra furono  certamente maggiori  di  quanto  è stato  tra-
               mandato: e maggiori furono le informazioni che servirono di base alle de-
               cisioni,  specie quelle  sulle armi segrete tedesche,  la  cui  storia  vera  offre
               un interessante esempio di come sia facile  far  quadrare i fatti  con le tesi,
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               quando  sulla  realtà  di  essi  si  opera  con  le  cesoie.<l
                    Se i vertici italiani dovettero dibattersi in questi angosciosi dilemmi,
               la  popolazione visse  quei  quarantacinque giorni in una sorta di febbrile
               e disorientata  stupefazione,  che  nasceva  dalla  brusca accelerazione degli



               (4)  A.  Bryant,  Tempo  di  guerra,  Vol.  I,  Longanesi  e C.,  1960,  p.  936.
               (5)  D. Irving, Le armi segrete del III Reich, Mondadori 1968, su ed. originale del1964, passim.








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