Page 573 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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               e si fece  ogni sforzo per tacere dell'episodio, che tuttavia rimase nell'eser-
               cito  britannico  come  una  macchia  molto  spiacevole.<?)

                    Per noi  ed in più, vi  fu  anche una  questione morale,  nel  senso  che
               nessun  ordine,  per quanto  draconiano,  avrebbe mai potuto fornire  una
               base sufficiente per passare ad un attacco istantaneo e violento contro l'al-
               leato di ieri. Nei confronti del tedesco,  esistevano vecchie e nuove ruggi-
               ni, una diffusa antipatia di consistente grana storica, ed anche una diffidenza
               non  immotivata e  del  resto  ricambiata,  anche  qui  con qualche  ragione.
               Nulla però -  almeno in quel tragico settembre -  che non rientrasse nelle
               ben conosciute tensioni  interne  di  ogni  alleanza.  Nei  venti  mesi  succes-
               sivi,  esse  sarebbero divenute ripulsa ed odio,  determinando un atteggia-
               mento  che  in certa misura fu  comune persino  al  neonato fascismo  della
               Repubblica di Salò. Ribaltare questo poi sulla fase finale dell'alleanza è co-
               munque assai scorretto sul piano storico e serve soltanto a mascherare una
               verità troppo a lungo taciuta: che il disastro conseguente all'armistizio de-
               ve esser fatto  risalire anche ai  nostri molti errori, ma soprattutto a quelli
               che,  volontari  o  meno, gli  Alleati  -  futuri  -  commisero  nei  nostri  ri-
               guardi. È fuori di dubbio che fino alla sera del 7 settembre lo Stato Mag-
               giore  italiano,  spostando  e  rischierando  celermente  le  forze  disponibili,
               operò nella fiducia che, con il concorso alleato, sarebbe stato possibile non
               solo liberare l'Italia almeno sino alla linea degli Appennini tra Pisa e Ri-
               mini,  ma anche  isolare  e neutralizzare sotto  Roma  e Napoli le  cospicue
               forze di Kesselring. Dopodiché la posizione delle scarse forze tedesche di
               Rommel al Nord sarebbe divenuta così difficile, da indurre probabilmen-
               te l'O.K.W. a ritirarle al di là dei passi alpini: decisione che del resto era
               stata  presa  a  Rastemburg già  all'indomani  del  25  luglio.
                    Nella notte sull'8 settembre, a Roma si realizzò che i piani alleati erano
               in realtà incomparabilmente più ridotti e periferici di quanto si  era cre-
               duto, o ci era stato fatto credere. E poiché le guerre non sono mai dei di-
               vertenti war games,  l'unica  soluzione  realmente praticabile rimase quella
               di abbandonare all'istante una partita che eravamo rimasti soli a giocare.


               Il Caos e  la Resistenza

                    Non risulta sia mai stato tentato uno studio approfondito sulle con-
               dizioni globali, militari e civili,  nelle  quali l'Italia si  trovò  proiettata nel
               giro dei due o tre giorni successivi all'armistizio. Conviene quindi sboz-


               (7)  H.  Pond,  Salerno!,  Longanesi  e C.,  1964,  p.  324.









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