Page 572 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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PRIME  ATIIVITÀ  PARTIGIANE:                                       569


                compiuto. Ed in terzo luogo perché le voci appena descritte erano in tutto
                simili a quelle già circolate tra ufficiali e soldati della VIII Armata in Rus-
                sia appena otto mesi prima, durante la lunga ritirata dal Don. È del tutto
                possibile che in entrambi i casi si  sia trattato di una infiltrazione psicolo-
                gica  particolarmente  accorta.
                     La  mancanza totale  di  ordini e  di  informazioni  agì  come elemento
                terminale di  una  crisi  che  in  realtà  non  offriva  soluzioni  praticabili con
                successo, e condusse allo  scioglimento delle Forze Armate, non comprese
                nello stretto perimetro lucano-pugliese da una parte e sardo-corso dall'al-
                tro. Non è compito di questo studio indagare o anche semplicemente elen-
                care  le  ragioni  per  le  quali  tale  mancanza  si  determinò:  ma  par giusto
                ricordare che se  da una parte le  truppe rimasero disciplinate ed alla ma-
                no, anche fuori di quelle zone, fino  al  10 settembre, ed in molti casi fino
                all'Il ed al12, dall'altra sembra a chi scrive irrealistico pensare che ordi-
                ni draconiani di attacco ai reparti tedeschi sarebbero davvero stati obbe-
                diti con la necessaria determinazione e soprattutto con successo. Anzituttto
                per ragioni, ancora una volta, psicologiche, in quanto la Wehrmacht gode-
                va di un rispetto e di un prestigio tali,  presso le  nostre truppe ed ancora
                più presso i Comandi, da configurare una specifica deterrenza avanti let-
                tera.  Ben lungi  dall'essere  una  quantità  retorica  o  propagandistica,  essa
                si basava sulla più larga delega di responsabilità sino all'ultimo caporale,
                sulla  determinazione  e  velocità  nelle  decisioni,  sull'inflessibilità  nell'uso
                graduato della forza,  sull'individuazione degli obiettivi primari in una si-
                tuazione data, e sulla convinzione che perdite limitate ma immediate ga-
                rantissero  sempre  delle  inevitabili  carneficine  nate  dall'indecisione.
                     È giusto notare che un tal tipo di ascendente agiva sui nostri militari,
                ma anche su quelli -  nemici -  che venivano in contatto con reparti di
                tedeschi sul campo di battaglia. Negli stessi giorni dell'armistizio, lo si di-
                ce a titolo d'esempio, settecento uomini dei migliori Reggimenti britanni-
                ci e scozzesi si ammutinarono sulla spiaggia di Salerno, rifiutando di salire
                in linea.  Era il  16 settembre, nel momento forse  più critico della testa di
                ponte.  A  sera,  292  tra  di  loro  vennero  arrestati  dalla  Polizia  Militare e
                rinchiusi in un recinto nel quale già si  trovava qualche decina di prigio-
                nieri tedeschi. Quando questi ultimi conobbero la ragione della improvvisa
                compagnia,  coprirono tanto  di  urla e  di  improperi i  malcapitati che  ne
                nacque una seria questione morale, dal lungo strascico. I disertori furon
                condannati tutti a pene severissime dal Tribunale Militare di Costantina,









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