Page 574 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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PRIME  ATIIVITÀ  PARTIGIANE:                                      571

                 zarne i termini almeno per sommi capi,  poiché essi  esercitarono una in-
                 fluenza  determinante  nei  caratteri  prima  della  clandestinità,  e  poi  della
                 Resistenza  vera  e  propria.
                      Su territorio continentale italiano, ad eccezione cioè delle zone occu-
                 pate della Balcania, delle isole Egee, nonché del gruppo Sardegna-Corsica,
                 il disfacimento dell'Esercito mise in forzata libertà poco meno di un mi-
                 lione di militari di tutti i gradi, soltanto 400 000 dei quali inquadrati nel-
                 le forze mobili (comprese però le Unità mobili dislocate in Sardegna). Sulla
                 base  della  generalizzata  opinione  che  la  guerra  sarebbe  terminata  entro
                 breve tempo, e su quella -  assimilabile -  che comunque le  truppe Al-
                 leate sarebbero giunte celermente a scacciare i tedeschi, le decisioni di questa
                 enorme massa di uomini  rispettarono una scala di  priorità al cui primo
                 posto si  trovava la  necessità assoluta  di sottrarsi alla  cattura,  al  secondo
                 quello di riguadagnare, per ognuno, la propria casa, ed al terzo quello di
                 sopravvivere in qualche modo da un punto di vista alimentare e di dena-
                 ro. I grandi rastrellamenti tedeschi, predisposti sia da Rommel che da Kes-
                 selring  non  appena  chiarito  il  quadro  strategico,  portarono  alla  cattura
                 ed al successivo invio in Germania, secondo i dati dell'O.K.W., di 547 000
                 militari, tra i quali 24 000 ufficiali, lasciando quindi i\)- circolo sulle stra-
                 de e nelle città diroccate d'Italia, non meno di 450 000 sbandati, tutti alle
                 prese con l'urgente necessità di  risolvere  un problema personale diverso
                 per ciascuno, ma egualmente arduo per tutti. Privi di documenti che non
                 tradissero la loro identità militare, privi in genere di denaro e di aiuti im-
                 mediati, sforniti persino di quelle tessere annonarie senza le quali era impos-
                 sibile entrare anche nella più modesta bettola, e da ultimo bloccati là dove
                 le loro Unità si  erano dissolte, per difetto di comunicazioni e per i conti-
                 nui controlli tedeschi, questi uomini si divisero in due frazioni: i fortunati
                 ai quali la sorte consentì di raggiungere la propria famiglia, o perché vici-
                 na, o perché essi riuscirono a filtrare lungo tutta la Penisola sino alla lon-
                 tana Sicilia, e coloro invece che dalla fortuna non furono assistiti e dovettero
                 continuare a vivere in condizioni di costante pericolo. Allo stato dei fatti,
                 è impossibile quantificare la consistenza dei due gruppi, ma non si  è cer-
                 tamente lontani dal vero assumendo che il gruppo degli  sbandati rimasti
                 tali  abbia rappresentato un terzo  del totale,  cioè  150 000 persone circa.
                      Nel circolo sanguigno della Nazione, entrarono anche poco meno che
                 100 000 prigionieri militari britannici, americani,  russi  e greci  detenuti
                 in una trentina di  campi di concentramento. Firmando il corto  armistizio,
                 lo  Stato Maggiore italiano si  era impegnato, con priorità assoluta, a pro-









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