Page 85 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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IL  25  LUGLIO: I  QUARANTACINQUE  GIORNI                          85

               tesi il titolo stesso di un convegno del 1955 che suonava "La crisi del1943
               e gli  inizi  della  Resistenza".  Era insomma la  spiegazione di  una serie di
               fatti con la forma specifica e contingente dei suoi sviluppi dando ai primi
               il valore emblematicamente razionale di premessa di un evento 'popolare'
               che veniva  rivendicato  dai  futuri  protagonisti  della  lotta  di  liberazione.
                    Di ben altro orientamento è stata l'analisi che più tardi si  poté fare
               sul periodo  non trascurando  il  fatto  che la  prevalenza  delle  decisioni  si-
               gnificative provenivano da quegli ambienti politici e militari che pareva-
               no con le crisi militari sui vari fronti avere scelto di allontanarsi dal conflitto
               senza peraltro  mutare granché della  situazione  politica generale dell'Ita-
               lia.  Fu  quello  che  lo  storico  Ruggero  Zangrandi  elevò  a  vero  e  proprio
               atto d'accusa nei confronti di queste stesse classi dirigenti e di quegli am-
               bienti militari "di opposizione" che nutrirono a lungo l'illusione di pun-
               tare sullo stesso Mussolini per mutare le sorti della guerra con opportuni
               contatti con gli  anglo-americani:  "Nessuno di  coloro  che  si  contendono
               l'abbattimento del fascismo lo volle realmente, con un minimo di preme-
               ditazione ...  Gli  autori  del  colpo di  stato vi  arrivarono solo  quando -  e
               fu  questione di giorni -  si  convinsero dell'impossibilità di conseguire il
               loro  originario  obiettivo  (trar fuori  l'Italia  dal  disastro  in  cui  l'avevano
               cacciata),  non  contro  ma  con  la  collaborazione  di  Mussolini.
                    In tal senso e fino  all'ultimo furono  diretti i loro sforzi,  le  loro spe-
               ranze,  le loro illusioni ...  ".(2)  Non si  tratta di un discorso  di  poco conto:
               si  tratta di rivedere ciò che allora pareva inattaccabile e di anticipare ciò
               che oggi pare definitivamente assodato. Lo  studio di uno storico non ita-
               liano,  il Deakin, apparve a  questo  riguardo di  notevole  importanza;  sia
               perché esaminava le "due e separate ed opposte congiure, o piuttosto ca-
               bale segrete  contro  il  regime",  sia  perché con  il  fallimento  di  entrambe
               spiegava l'indiscusso disordine culminato nel 25 luglio. Della prima coor-
               dinata da Bonomi si può parlare di prefascisti di ritorno mentre della se-
               conda  dominata  da  Dino  Grandi  si  possono  evocare  le  condiscendenze
               all'interno  dei  più  alti  ranghi  del  fascismo  stesso.  Entrambe  puntavano
               allo sganciamento di Mussolini magari con il suo consenso e al ritiro del-
               l'Italia  dall'alleanza  con  la  Germania.
                    All'appuntamento  con  la  storia  il  perno  attorno  al  quale  parevano
               ruotare le due tendenze, cioè il re Vittorio Emanuele III, non resse all'im-
               pegno di autorevolezza e di decisione e tutto rimase frutto  del caso e di


               (2)  R.  Zangrandi,  1943: 25  luglio  - 8  settembre,  Milano,  Feltrinelli,  1964,  p.  79.









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