Page 89 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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IL  25  LUGLIO:  I  QUARANTACINQUE GIORNI                          89

               in un modo solidale con le due aspettative collegate alla caduta del regi-
               me: da una parte il ritorno alla libertà e dall'altra alla rapida conclusione
               della partecipazione dell'Italia ad una guerra non voluta se  non dal regi-
               me caduto il 2 5 luglio.  Scioperi, cortei e adunate spontanee nelle princi-
               pali città dovevano dare al Sovrano ed alla  nuova equipe ministeriale il
               senso della risposta popolare. Ma non fu così: la repressione Roatta ideata
               contro le temute reazioni fasciste funzionò contro coloro che manifestava-
               no la loro volontà politica; ed il Re pareva lontano dal volere tenere conto
               di questi umori delle masse, prova che il nuovo governo non faceva alcun
               conto del consenso generale bensì tornava all'autoritarismo regio  puro e
               semplice.  Significativo  al  riguardo  il  giudizio del Re  che  spiegava  all'ex
               presidente del Gran Consiglio del Fascismo, Dino Grandi, che queste ir-
               requietezze di taluni ambienti facevano  parte di quei  "fenomeni interni
               dell'organismo nazionale, i quali assomigliano molto a ciò che nell'organi-
               smo sono le digestioni, le malattie, le guarigioni, ma non si elevano a fat-
               tori determinanti della politica estera ... o dell'azione dello Stato in relazione
               alla politica degli altri Stati ... " .<6>  E non si  creda che una simile situazio-
               ne  non  apparisse  evidente  anche  al  momento  in  cui  si  manifestava.
                    In un giornale 'nuovo' e semiclandestino visti gli orientamenti delle
               autorità regie, Italia Libera, organo del Partito d'Azione, in data 27 luglio
               la denuncia di una simile situazione apparve a chiare lettere: "il governo
               procede per suo conto, il paese avanza in direzione opposta. Quanto tem-
               po può durare questo paradosso assurdo? Per quanto tempo può regnare
               questa visibile impermeabilità tra la volontà popolare e le velleità del go-
               verno  dei  burocrati?". m La  domanda  rimase ovviamente senza  risposta
               e l'equivoco denunciato permase. Ciò che la caduta del regime pareva le-
               gittimare, e cioè la nascita o la rinascita dei partiti, espressione della ritro-
               vata libertà, non si manifestò e tutto ricadde in un tetro conformismo che
               il maresciallo Badoglio diresse con caute concessioni al momento eccezio-
               nale che l'Italia viveva.  Per allentare l'ostilità degli  antifascisti si orientò
               verso la liberazione dei prigionieri politici, con certi ritardi o rifiuti per
               anarchici e comunisti, operò un movimento di prefetti e di alti dirigenti
               allo scopo di rabberciare l'edificio apparente dello Stato, in attesa di pre-
               sentare un organico disegno di epurazione della pubblica amministrazione



               (6)  D. Grandi, "Pagine di diario del 1943", in "Due diari del  1943", a cura di R. De
                  Felice,  in Storia  Contemporanea  1983,  n.  6,  p.  1038.
               (7)  "Fino a  quando?", in  Italia  Libera,  27  luglio  1943.









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