Page 86 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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86 ROMAIN H. RAINERO
una politica che alla sconfitta militare di una guerra che aveva investito
da pochi giorni persino il territorio nazionale univa la modestia di statura
e il disorientamente politico proprio di coloro, con a capo il maresciallo
Badoglio avevano ereditato con il potere supremo una guerra oramai per-
sa ed una alleanza dalle più pesanti conseguenze politiche. Il 25 luglio fu
la sagra delle illusioni di coloro che non seppero, divisi com'erano, fare
delle scelte magari pesanti ma lucide nel loro sviluppo. Fattori esterni tra
i quali il rapido deteriorarsi della situazione militare italiana in particola-
re e dell'Asse in generale e fattori interni tra i quali le crescenti preoccu-
pazioni delle classi dirigenti, il disorientamento degli ambienti antifascisti
e delle masse popolari, sono tutti elementi che diedero alla vicenda con-
creta, la fine del fascismo, contorni sempre incerti e sempre contradditto-
ri. Quanto al potere centrale ed indiscusso, il Re, egli si manifestava con
crescente reticenza quasi volesse allontanarsi dall'assunzione di responsa-
bilità che le eccezionali condizioni del paese gli avrebbero dovuto dettare.
Senza volere fare del paradigma monarchico l'unico responsabile, si può
certamente affermare che la posizione del sovrano Vittorio Emanuele III
durante l'intero periodo non può non suscitare considerazioni amare e
negative circa la sua statura politica e circa la sua capacità di prendere
decisioni di importanza vitale per l'Italia.
Uno tra coloro che meglio hanno analizzato, da protagonista e quin-
di da uomo al corrente anche degli umori del Sovrano, il cuneese Marcello
Soleri ne ha indicato nelle sue Memorie un quadro definitivamente negati-
vo: "L'indecisione del sovrano, la mancanza di idee politiche proprie, il
suo bigottismo e formalismo costituzionale, l'agnosticismo di fronte alle
deliberazioni delle Camere, l'assenteismo dalla vita nazionale, il ritenersi
depositario degli interessi della dinastia, più che di quelli nazionali, costi-
tuirono i più gravi difetti del re ... Questa sua mentalità, la sua riluttanza
a prendere qualsiasi decisione politica non determinata da un voto parla-
mentare o da una necessità che non consentisse libertà di scelta, la man-
canza di qualsiasi contatto o consiglio politico, furono le cause ... che diedero
ai quarantacinque giorni quell'andamento oscuro, fluttuante e contaddit-
torio che tutti gli storici concordano oggi a riconoscere quale frutto ama-
ro dell'incerta posizione del sovrano in un momento certo difficile ma che
i suoi tentennamenti resero ancora più difficile e di oscura lettura ... ". (3)
(3) M. Soleri, Memorie, Torino, Einaudi, 1949, p. 209.
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