Page 287 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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               (dall'istituzione delle Consulte al decreto per la socializzazione): la RSI re-
               stava  così  divisa,  drammaticamente,  tra  uno  Stato  che  tentava  faticosa-
               mente  di  darsi  una struttura autonoma,  quasi  apolitica  (nei  limiti  della
               congiuntura e della formazione culturale dei suoi esponenti), ed un Parti-
               to non disposto a sentirsi defraudato di un potere consolidato in vent' an-
               ni  di  regime.  Con  la  scelta  di  campo  repubblicano,  e  la  conseguente
               trasformazione della struttura istituzionale da "parallela" a "piramidale",
               era venuto a mancare il contrappeso, l'istituzione equilibratrice della Mo-
               narchia che, in più di vent'anni, aveva in qualche modo arginato il Partito-
               Stato, contrapponendo ad esso una struttura statale "laica", fatta di sena-
               tori,  prefetti,  militari,  funzionari  statali.  Con la  nascita  del  nuovo  Stato
               repubblicano,  la  questione si  era  ripresentata  in  tutta la  sua gravità.  La
               RSI  avrebbe dovuto essere  uno Stato  Fascista,  controllato,  egemonizzato
               ed indottrinato  da  un  Partito Unico,  oppure una  Nazione  apolitica,  di-
               stinta dalle organizzazioni in camicie nere? Essendo la struttura dello Sta-
               to,  come si  è detto,  piramidale, la  questione giunse,  irrisolta,  sino al suo
               vertice, a Gargnano. Mussolini, che stava dimostrando una sempre mag-
               giore insofferenza nei  confronti dell'anima irriducibile del fascismo,  pre-
               so  com'era  a  ritrovare  il  difficile  legame  con  il  suo  lontano  passato  di
               capopopolo  socialrivo!uzionario,  intervenne  in  diverse  occasioni  per  ri-
               durre il peso del Partito. Il  10 marzo  1944, in una circolare ai Capi delle
               provincie, il Duce della RSI  tentò di definire la  questione delle iscrizioni
               al PFR:  riconoscendo  agli  iscritti  del  Partito la  ricopertura di cariche di
               "ordine prevalentemente politico", Mussolini destinava " tutte le altre cari-
               che  di  vario  genere,  amministrative,  economiche,  sindacali,  sportive  ecc.''  a  tutti
               quelli  che  "anche  non  tesserati"  fossero  "volonterosi,  stimati dalla popolazione
               e di sicura coscienza nazionale'', mentre la non appartenenza al Partito sareb-
               be dovuta essere un titolo preferenziale per i dirigenti di Istituti Finanzia-
               ri, (casse rurali, enti economici, consorzi agrari), Opere assistenziali e Istituti
               ospedalieri.< 28 l  La  circolare veniva emanata in un momento alquanto de-
               licato e verteva su un argomento scottante. La  dirigenza del Partito, incu-
               rante degli enunciati di Verona che, tra l'altro, avevano definito facoltativa
               l'iscrizione, stava tentando di reintrodurre la consuetudine dell'obbligato-
               rietà de facto  della  tessera  per tutti  i funzionari  pubblici.  Già 1'8  marzo,
               due giorni prima l'emanazione della circolare sopra citata, Luigi Bolla -
               in qualità di funzionario  del ministero degli  Esteri - aveva  riportato sul
               suo diario la propria opinione, tutt'altro che lusinghiera sul modus operandi


               (28)  Ibidem,  p.  236.








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