Page 330 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
P. 330
l RAPPORTI DIPLOMATICI DEL CLNA! 329
Re e di Badoglio, avrebbero potuto alzare di più la voce con gli alleati
e non era quindi nell'interesse di questi ultimi appoggiarli OO> "Qui non
si fa politica, si combatte'', era in un certo senso la linea degli alleati; proprio
l'opposto di quella di molti antifascisti, che, in odio al Re, non esitavano
a gettare discredito sulle forze armate.
Per la verità l'antifascismo nel nord aveva un vantaggio, agli occhi
degli alleati, rispetto a quello del sud: poteva mettere in campo dei com-
battenti, anche se in misura per il momento esigua. A metà novembre 1943,
quando i contatti tra il CLN di Milano e i servizi segreti alleati in Svizzera
ormai erano avviati, vi erano 3800-4000 partigiani, metà dei quali ap-
partenenti alle formazioni autonome,O l) quindi a bande che rivendicava-
no la loro apoliticità e restarono a lungo indipendenti, diffidenti o polemiche
verso il CLN. Guidate da militari, legittimavano la loro azione richiaman-
dosi alla fedeltà al giuramento e al governo legittimo, all'impulso morale
di combattere l'invasore ed erano quindi monarchiche, implicitamente o
esplicitamente; in molte di esse si prestava giuramento al Re secondo la
formula tradizionale e si concludevano gli ordini del giorno al grido di
12
"Viva il Re". < > La pretesa quindi di Farri di rappresentare un movimen-
to di resistenza dichiaratamente e compattamente repubblicano era di dub-
bia fondatezza. <13>
(10) Cfr. M. de Leonardis, "La Gran Bretagna e la monarchia italiana (1943-1946)",
in Storia contemporanea, febbraio 1981, p. 87. Scrive giustamente de Felice: ''L 'appor-
to partigiano alle operazioni militari alleate ... doveva costituire ... un aiuto, non una fonte
di difficoltà... Il movimento partigiano, dunque, non doveva far politica; nonostante i suoi
limiti o difetti, l'unica controparte legittima e affidabile (e sotto loro controllo diretto) erano
la monarchia e i governi di Badoglio prima e di Bonomi poi che avevano sottoscritto e accettato
esplicitamente il trattato d'armistizio, sicché essi non avevano nessuna intenzione di contrarre
impegni politici con una Resistenza che si contrapponeva alla monarchia e, sia pure con argo-
menti diversi, ai governi di Badoglio e di Bonomi e nella quale militavano uomini che ritene-
vano che gli antifascisti non potessero o dovessero assumersi gli oneri dell'armistizio perché non
avevano la responsabilità della guerra'' (Introduzione, cit., p. XXVI).
(11) Cfr. G. Bocca, Storia dell'Italia partigiana, Bari 1966, p. 93, 103-9; Catalano, op.
cit., p. 90-1; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, V, La Resistenza, Togliatti
e il partito nuovo, Torino 1975; L. Valiani, "La Resistenza italiana", in Rivista storia
italiana, marzo 1973, p. 83.
(12) Cfr. Bocca, op.cit., p. 217 e D. L. Bianco, Guerra partigiana, Torino 1954, p. 23 .
(13) Naturalmente gli alleati erano al corrente di ciò. Per esempio il tenente colonnello
dei bersaglieri Carlo Croce, " fervente monarchico" e comandante di un primo nu-
cleo di patrioti, era in contattO con la centrale in Svizzera dello Special Operations
Executive (cfr. E. Campodonico, "Il gruppo S. Martino e la battaglia del 13-15 no-
vembre 1943", in Il movimento di liberazione in Italia, settembre 1949, p. 27-36).
II-VOLUME-QUINTO_ANNO.indd 329 07/03/16 15:11

