Page 345 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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               tore italiano a Parigi, Giuseppe Saragat, osservò "ch'era quanto meno  'inop-
              portuno' e  'curioso'  che  l'Italia avesse  a  Parigi due  rappresentanti,  uno  'ufficiale'
                                                                   6
              del governo di Roma ed uno  'ufficioso' del CLNAI di Milano" .< 3>  Tanto più che
               quest'ultimo  in  una visita  di  congedo,  al  ministro degli  esteri  Bidault si
               era lasciato  andare ad affermazioni  di  carattere politico assai  discutibili
               (secondo  Saragat Della  Porta era  "un emissario  del  Partito  comunista  italia-
               no"), come quando aveva approvato la mancata adesione della Francia al-
               l'armistizio con l'Italia perché esso aveva lo scopo di " salvare la monarchia
               e di  appoggiare  il governo  Badoglio".  Giustamente  nell'ottobre  successivo  il
               ministero  degli  esteri  italiano  respinse la  richiesta  del  Della  Porta di  un
               passaporto  di  servizio  per  rientrare  in  Francia,  dichiarando  conclusa la
               sua  "mtsstone".

                   Assai più grave ed esplosiva era la  situazione dei rapporti con la Ju-
               goslavia. Il 7 febbraio  1944 il CLNAI aveva rivolto un appello agli italia-
               ni del Friuli e della Venezia Giulia "e particolarmente ai triestini" a collaborare
               nella lotta armata con i partigiani slavi e a stringere rapporti con i comita-
               ti di liberazione sloveno e croato. "Una immediata e più stretta intesa col Go-
               verno  di  liberazione  del  generale  Tito"  venne  auspicata  dal  CLNAI  in  una
               mozione del 27 marzo. Il  10 giugno fu  approvato un manifesto "Alle po-
               polazioni italiane della Venezia Giulia", inviato a tutti i CLN della regio-
               ne  e  sottoscritto  anche  da  un  delegato  sloveno  in  missione  a  Milano,  il
               prof. Antonio Vratusa (Urban), nel quale si  additava come loro "dovere"
               quello di arruolarsi '' nelle formazioni italiane che già si sono costituite ...  in colla-
               borazione con  le  truppe del maresciallo  Tito o nei reparti italiani ...  al comando del
               maresciallo  Tito' '. <64)
                   Questo manifesto fu  assai  criticato dal Partito d'azione,  e dalla De-
               mocrazia Cristiana, che, in rispettivi documenti del  14 luglio, tra l'altro,
               deplorarono la frase su "le violazioni del diritto di autodecisione dei popoli conte-
               nute nei trattati di pace",  in quanto il confine italo-jugoslavo era stato fissa-
               to in trattati liberamente conclusi da rappresentanti legittimi dei due paesi.
               "Molti slavi - osservò Valiani (65)  -sono ancora  animati da sentimenti di so-
              praffazione  nazionale  nei  confronti  della popolazione  italiana e pertanto  il CLN
               ha il dovere  di difendere  i propri connazionali".  Di segno  opposto le  critiche


               (63)  Serra,  op.  cit.,  p.  178; Cfr.  ibi,  p.  221.
               (64)  I documenti in Grassi (a  cura di), op.cit.,  nn. 13,  27,  34, 35. Una completa tratta-
                   zione  inserita  nel  contesto  diplomatico generale  in  A.  G.  de'  Robertis,  Le  Grandi
                   Potenze  e il confine giuliano  1941-1947,  Bari  1983,  p.  128-40.
               (65)  Cfr.  Catalano,  op.  cit.,  p.  197-99.








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