Page 375 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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              Il gruppo di unità operanti nello scacchiere Bosniaco Montenegrino
              e  Albanese

                   Le  unità operanti in  Montenegro,  Bosnia,  Erzegovina  e  in  Albania
              ebbero sorte più benigna. Il  maggior tempo fruito  per addivenire a delle
              decisioni sia nei  confronti dei tedeschi e sia  per sondare le  possibilità, le
              convenienze ed i vantaggi offerti dai contatti con i movimenti clandestini
              regionali, conferì maggior compagine ai  reparti e maggior fiducia  e sicu-
              rezza  ai  comandanti.
                   Rispetto al teatro greco vero e proprio - dove le frammentazioni po-
              litiche toglievano unitarietà al movimento della guerriglia e non dimostra-
              vano alcuna volontà di opporsi ai tedeschi, bensì soltanto quella di guardarsi
              con reciproca diffidenza in attesa di una resa dei conti definitiva (per questo
              tendeva ad armarsi a nostre spese) che sarebbe venuta solo dopo l' abbando-
              no del territorio nazionale delle truppe germaniche - i movimenti clandesti-
              ni erano sempre stati attivi, facilitando i fermenti ideologici nazionalistici
              ed  indipendentistici.
                   La diversità delle condizioni ambientali, in uno con la difficoltà mor-
              fologica intrinseca del territorio, compartimentato e di non facile pratica-
              bilità specie per truppe motorizzate, favorirono una spontanea cooperazione
              fra  i  nostri  comandi  - particolarmente  fra  quelli  di  minor  livello  - ed
              i  movimenti  di  liberazione locali.
                   Dopo un periodo iniziale in cui gli  italiani, per una politica d' occu-
              pazione che datava da due anni, erano sbilanciati a favore  dei cetnici, le
              cose,  progressivamente, si appianarono, sia pur permanendo la  tendenza
              a  disarmare  i  nostri  reparti.
                   La  collaborazione  divenne,  di  fatto,  sempre  più  stretta.
                   Ne sono  testimonianza la  costituzione del  "Comando Truppe della
              Montagna",  promosso  dal Tenente  Colonnello  d'aviazione  Mario  Barbi
              Cinti  e  successivamente  assunto  dalla  divisione  Firenze  (generale  Azzi);
              la cooperazione con il comando albanese di Enver Hoxha; l'affiancamen-
              to operativo delle divisioni Venezia e Taurùzense  (fusesi in seguito nella di-
              visione partigiana italiana Garibaldi)  all'esercito di liberazione jugoslavo.
                   Sono  soltanto gli  esempi  maggiori.  Moltissimi  altri  sono  pressoché
              sconosciuti,  ma  non  per  questo  meno  significativi.
                   E tutti  dimostrano lo  spirito  di  reazione  e la  volontà di  rinascita e
              di  riscatto  del  soldato  italiano.








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