Page 469 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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              blica Sociale  Italiana determinando una situazione di instabilità e,  mal-
              grado le apparenze, di carenza di controllo, nella quale la Guardia di Fi-
              nanza riuscì ad assicurarsi spazi di autonomia e possibilità di sopravvivenza.
              La vicenda di cui ci occupiamo fornisce quindi un dato di conferma della
              situazione ora accennata, e costituisce un elemento di importanza non tra-
              scurabile per la lettura di quella tormentata pagina di storia. Una breve
              premessa, per ricordare lo stato dell'organizzazione del Corpo al momen-
              to  dell'armistizio.
                   Oltre la  metà della forza  (26 253  uomini su  51  133) era impiegata
              in compiti militari: la difesa costiera ed il concorso all'occupazione mili-
              tare in  Balcania,  in Grecia  e  nella  Francia  meridionale,  circa  diecimila
              uomini inquadrati in diciotto battaglioni mobilitati, dislocati alle dipen-
              denze dei comandi dell'esercito in Slovenia, Croazia, Erzegovina, Monte-
              negro,  Grecia,  Savoia,  Provenza,  oltre alle  due legioni  d'Albania,  a  due
              comp~gnie autonome  in  Egeo  ed  agli  equipaggi  di  quel che  restava  del
              naviglio, operante agli ordini dei comandi della Regia Marina. Il 27 ago-
              sto  1943, nel corso di un colloquio tra il ministro delle finanze Bartolini
              ed il maresciallo Badoglio, fu  deciso il rimpatrio graduale di un'aliquota
              di tali forze,  necessaria per fronteggiare  i gravi avvenimenti che stavano
              per verificarsi in Italia; un provvedimento analogo era stato del resto già
              deciso dal comando supremo anche per le corrispondenti unità dei Cara-
              binieri. Ma quando l'armistizio fu dichiarato i movimenti non erano nep-
              pure iniziati. Nella stessa occasione, il capo del governo approvò anche le
              disposizioni che il giorno successivo il comando generale diramò per definire
              il comportamento che comandi e reparti avrebbero dovuto tenere qualora,
              per il  precipitare degli  avvenimenti,  fossero  venuti a  trovarsi a  contatto
              con il nemico. I reparti mobilitati avrebbero dovuto attenersi agli ordini
              che sarebbero stati impartiti dai comandi dell'Esercito o della Marina, men-
              tre quelli  impiegati per il  servizio  d'istituto avrebbero  dovuto  rimanere
              in posto, continuando ad assolvere i loro compiti nei limiti consentiti dal-
              le circostanze. Quest'ultima situazione non era nuova. In Eritrea ed in So-
              malia, e più di recente in Sicilia, gli uomini della Regia Guardia di Finanza,
              come quelli delle altre forze di polizia, erano rimasti alloro posto ed ave-
              vano continuato ad assolvere i compiti d'istituto, finché ciò era stato con-
              sentito  dalla  potenza  occupante.  Era  un  comportamento esplicitamente
              previsto dalla Convenzione di Ginevra,  recepita dall'art.  56 della  nostra
              legge di guerra (R.D. 8luglio 1938, n. 1415), e corrispondeva ad un'evi-
              dente  interesse  della  popolazione  civile,  le  cui  esigenze  di  tutela  erano








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