Page 546 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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chi s'era sempre adoperato per tenere la vita intellettuale al di sopra della
contesa ideologico-partitica (tanto più se armata) e lasciare intravvedere
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solo "soluzioni finali", il bagno di sangue. < l
A quel punto- quasi manifestazione dell'onnipotenza di una forza
capace di placare le tempeste da essa medesima scatenate - ebbe luogo
l'ingresso del PCI nel secondo governo Badoglio: salutato come prova di
grande realismo anche da parte di quel Benedetto Croce che di realismo
(e meno ancora di lealismo) sino a quel momento non ne aveva date molte.
N elle poche settimane del secondo governo Badoglio (2 2 a prile-18
giugno 1944) si giocò la fase decisiva della partita iniziata con la prepara-
zione del rovesciamento del governo Mussolini, proseguita con l'armisti-
zio dell'8 settembre e conclusa il 2-3 giugno 1946 con la vittoria dell'opzione
repubblicana nel referendum istituzionale.
Insieme con la forma dello Stato essa aveva per posta il controllo di-
retto dei partiti su ogni aspetto dei poteri istituzionali e dell'amministra-
zione chiamata a servirli (o esercitarli). In vista di tale obiettivo la
eliminazione della monarchia risultava prioritaria e determinante. Identi-
co era però anche - e non poteva non esserlo - l'intento di quanti, tra
i vincitori, avevano tutto l'interesse a declassare l'Italia da (aspirante) grande
potenza a "provincia" di un sistema politico internazionale, nel cui ambi-
to sarebbe stata decisa la sorte delle colonie acquisite dal Regno prima
dell'avvento del fascismo (capitolo, quest'ultimo rimasto aperto sino al
1949-50 e che meriterebbe una trattazione a sé).
Tra i partiti presenti nel CLN, scontata la netta ostilità di socialco-
munisti e azionisti verso la Corona, anche democristiani e, in forme più
involute, democratici del lavoro e liberali con atteggiamento severamente
critico riguardo al passato, mirarono a ostentare la propria estraneità al-
l'avvento del governo Mussolini e del regime, attraverso l'unica via prati-
cabile, anche se lastricata di menzogne: il suo addebito alla Corona,·
precisamente a Vittorio Emanuele III, in quanto sovrano in carica nel 1922,
ma anche al principe ereditario, Umberto, a loro avviso colpevole (come
con maggior foga veniva ripetuto da socialcomunisti e azionisti) di non
essersi mai pubblicamente dissociato da un regime nei cui riguardi, invero,
era impensabile un qualsiasi antagonismo da parte di chi doveva conte-
nersi a considerarlo accetto a Camere e Paese. Un passaggio particolar-
(21) È quanto emergeva dai propositi di Concetto Marchesi sul quale v. Luciano Canfo-
ra, La sentenza, Palermo, Sellerio, 1985.
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