Page 570 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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PROBLEMI  DELLA  GIUSTIZIA                                        569

               dieci anni di reclusione a Pietro Capocasale, nove a Morelli, otto a Filosa,
               Notaro, Colosimo, Gimigliano, Paparo, Scola, cinque ad altri imputati mi-
               nori. Pene più lievi irrogò a coloro che avevano svolto compiti secondari.
               Assolse  quaranta  imputati.
                   Alcuni giorni dopo lo stesso Tribunale giudicò il principe Pignatelli
               e i suoi diretti collaboratori, Vittorio Capocasale, fratello  di Pietro, con-
               dannato nel  precedente processo,  il ten.  col.  Luigi  Guarino e l'avvocato
               Pietro  Barberi.

                   Al Pignatelli inflisse dodici anni di reclusione e a Vittorio Capocasa-
               le  un  anno.  Assolse  il  Guarino  e  il  Barbieri  per  insufficienza  di  prove.
                    Altre trame fasciste  furono  scoperte dai Carabinieri in Sardegna.  Il
               generale dell'ex milizia fascista Martini, richiamato in servizio nell' eserci-
               to  con  il grado di  maggiore di  complemento aveva  riunito  attorno  a  sé
               alcuni ex gerarchi e altri ex fascisti, quasi tutti ufficiali richiamati in servizio.

                    Questi nostalgici furono catturati dai carabinieri mentre su una bar-
               ca a motore muovevano dall'isola verso le coste del nord. Nel natante fu-
               rono sequestrati cifrari, elenchi di cospiratori e altre carte compromettenti.

                    Il Tribunale militare di Oristano nell'autunno  1944 condannò que-
               sti dilettanteschi congiurati a pene detentive che variarono dai quattordi-
               ci  ai  tre  anni  di  reclusione,  declassando  le  originarie  imputazioni  che
               avrebbero comportato la pena di morte mediante fucilazione nella schiena.

                    Anche nella caserma dei vigili del fuoco di Cagliari si congiurava per
               la rinascita del fascismo. Al velleitario movimento partecipavano due uffi-
               ciali del Corpo, tre ex ufficiali della disciolta milizia fascista e un ufficiale
               dell'esercito.  Anch'essi vennero arrestati mentre in moto barca abbando-
               navano la  Sardegna,  dirigendosi  verso  la  Spagna.
                    Il Tribunale militare fu  ancora  una volta  clemente e li  condannò a
               pene detentive,  ravvisando  nella  loro  condotta gli estremi di reati  meno
               gravi di quelli contestati. In sostanza la giustizia militare del regno si at-
               tenne a costanti criteri di clemenza, rifiutandosi di condannare alla pena
               di  morte  congiurati  di  mezza  tacca,  più guasconi  che traditori.
                   A distanza di cinquant'anni può serenamente convenirsi che questa
               moderazione, sconosciuta agli analoghi tribunali della repubblica del nord,
               bene corrispose a criteri di equità fondati sui turbamenti dell'eccezionale
               momento storico,  se  non  sul  rigore  formale  della  legge.








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