Page 116 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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             tavia, nel complesso, l'ultima dichiarazione ufficiale del Pfr si rivelava es-
             sere  un  panegirico  della  socializzazione  compiuta:  posizione,  quest'ulti-
             ma,  impensabile  soltanto  dodici  mesi  prima,  allorché  Pavolini  aveva
             raccomandato accortezza e moderazione nell'applicazione del decreto del
              12  febbraio.
                  Perché dunque nel1945 i socializzatori, almeno teoricamente, vinse-
             ro la loro lunga battaglia? Essi furono anzitutto sostenuti incondizionata-
             mente da Mussolini, il quale, orientatosi sempre più a sinistra, vedeva nei
             programmi anticapitalistici di Spinelli e Manunta il preludio di uno Stato
             socialista-nazionale. Inoltre, più prosaicamente, il Duce voleva lanciare chia-
             ri segnali alle sinistre antifasciste, ricercando quasi disperatamente un le-
             game  diretto  tra  il  Fascismo  repubblicano  e  la  genitalis  origo  socialista
             del movimento e ricomponendo attraverso prese di posizione radicali co-
             me i provvedimenti del Ministero del Lavoro quella che con una certa en-
             fasi  veniva  definita  "la  scissione  socialista  del  1914".
                  Tuttavia, più determinante delle definitive prese di posizione di Mus-
             solini, si dimostrò l'atteggiamento della corrente di destra della Repubbli-
             ca di Gargnano. I "gerarchisti" erano certi dell'inconsistenza delle decisioni
             dei socializzatori.  Assai  più traumatici dei loro avversari interni, Pavoli-
             ni,  Mezzasoma, Zerbino e gli altri esponenti della componente conserva-
             trice  ritenevano  che  i  provvedimenti  di  gennaio  sarebbero  rimasti  sulla
             carta senza sconvolgere il tessuto sociale dello Stato. Ai socializzatori estre-
             misti  fu  lasciata  la  vittoria,  perché la  loro  sarebbe stata  una  vittoria  di
             Pirro. La guerra stava concludendosi, e la Repubblica Sociale era schiera-
             ta indissolubilmente dalla  parte dei  probabili sconfitti.  Si  trattava di  ri-
             cercare  una via  d'uscita  efficace  ed  onorevole,  alternativa  alla  soluzione
              "neosocialista" di Spinelli e Manunta. Una via d'uscita militare o politica.
                  Negli  ultimi  mesi  della  R.S.I.  si  cercò  di  concretizzare un progetto
             riassunto sotto una sigla:  RAR (Ridotto Alpino  Repubblicano,  detto an-
             che  Ridotto  Alpino  Valtellinese  oppure Ridotto  Nord),  ovvero  l'ultimo
             avamposto, !'"ultima Tule" del Fascismo. Si trattava di realizzare una con-
              centrazione in un luogo prestabilito dell'arco alpino di tutte le forze fasci-
             ste disponibili, approntando presidi, strutture di difesa  passive,  depositi
             logistici e centri per la  diffusione della  propaganda: il tutto in attesa del-
             l' evoluzione della  situazione e fronteggiando  al  contempo l'eventuale of-
              fensiva  partigiana.  Il  progetto era stato proposto da Pavolini, Segretario
              del  Partito e  Comandante delle  Brigate  Nere,  al  Duce  nell'estate  1944.
              Scartata l'idea di concentrare le forze nella Trieste sotto controllo tedesco,
              si  individuò  la  sede  del  Ridotto  in  Valtellina.








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