Page 204 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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196 EDUARDO DEL VECCHIO
razione era superata da un invito alla mobilitazione generale del 20 aprile
da parte del cardinale Rossi della congregazione concistoriale a tutti i pre-
sidenti delle conferenze regionali italiane, ribadito il 2 maggio a tutti i ve-
scovi. Si risolveva con indicazioni al dovere di intervento nella vita politica
italiana il problema dell'impegno politico dei cattolici e della coerenza tra
fede e azione politica. Al disagio espresso da parte del clero si rispondeva
con un invito ad utilizzare la collaborazione dei laici cattolici ma evitando
che le strutture parrocchiali divenissero strumento di partito. Si moltipli-
cavano i richiami di Roma alla situazione internazionale e alla situazione
del clero nei paesi occupati dall'Unione Sovietica.
La pacificazione della società italiana, la difesa della famiglia, la lotta
all'indifferentismo religioso, al disorientamento spirituale, alla decadenza
morale, la soluzione della questione sociale nella diffusione del diritto di
proprietà erano possibili solo se si riconosceva che la guerra era una scon-
fitta dei vinti come dei vincitori. La risposta della chiesa doveva essere
un invito alla pacificazione pur attraverso la punizione di chi aveva com-
messo reati durante il fascismo. Il tutto fondato sulla consapevolezza che,
smobilitata la macchina bellica, sarebbe stato più difficile attuare un di-
sarmo morale.
Ultima tema ti ca di estrema rilevanza in quell'anno era la difesa della
scuola cattolica. I vescovi presero subito posizione perché nella scuola pub-
blica rimanesse l'insegnamento della religione, mentre era difesa la libertà
di insegnamento e il diritto dei cattolici di mandare i figli in scuole catto-
liche. Bernardo Mattarella, sottosegretario al ministero della Pubblica Istru-
zione affermava che occorreva liberare la scuola dai residui fascisti, tenere
un atteggiamento moderato nell'epurazione degli insegnanti, mentre riba-
diva la funzione non solo culturale ma morale della scuola che il decentra-
mento della stessa garantisse le diversità culturali italiane.
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