Page 258 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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                   "Le truppe partigiane - si  legge  per esempio  nel Piano  di lavoro  del
              partito d'azione- dovranno essere trasformate in una nuova armata popo-
               lare destinata a proseguire la guerra fino alla vittoria delle Nazioni Unite,
               ed in una nuova polizia democratica. Non è ammissibile che le forze par-
               tigiane,  che  han  costituito lo  spontaneo  contributo di  combattenti della
               libertà, dato al popolo italiano, si lascino degenerare in formazioni anar-
               coidi e siano infine disciolte,  permettendo la ricostruzione delle forze  ar-
               mate attorno ai vecchi quadri di ufficiali reazionari ed alla vecchia polizia
               che ha servito fino  alla fine  il fascismo" . In tal guisa veniva delineato un
               conflitto radicale e senza mediazioni possibili tra partigianato e Forze Ar-
               mate del Regno nonché tra CLN e Stato italiano qual esso era e continua-
               va  a  rimanere dopo l'armistizio, nella  cobelligeranza e in vista di quella
               liberazione finale per il cui conseguimento erano in armi centinaia di mi-
               gliaia di militari, tra reparti di linea e ausiliari. "Immediatamente - pro-
               seguiva  il  Piano  di  lavoro  - vanno  infine  costituiti  tribunali  popolari
               straordinari in tutti i capoluoghi di provincia per la rapida e severa puni-
               zione ed espropriazione dei traditori fascisti e delle oligarchie economiche
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               che han profittato del fascismo", come del resto prospettato dall' ll dei
               Sedici punti programmatici fondamentali  elaborati dall'Esecutivo romano del
               PdA, nel cui ambito, però, non si trovano cenni ai "tribunali popolari",
               rispondenti  invero  alla  teoria  e  alla  pratica  prevalenti  nella  lotta  parti-
               giana.  Anche  F.  Comandini  in  Che  cosa  vuole  il Partito  d'Azione  indivi-
               duava nella monarchia il  pilastro portante della  "plutocrazia reazionaria
               e sfruttatrice" , nonché il "presidio delle forze  retrive, l'ostacolo principe
               al  libero  sviluppo  delle  forze  popolari".  Ancora  una  volta  impegnata
               nell"'ambiguo gioco di promettere la libertà senza concederla" , " due vol-
               te traditrice, dapprima nell'ostacolare l'epurazione degli elementi fascisti
               dai posti di comando civili e militari, poi nella fuga vergognosa di fronte
               alla reazione tedesca, appoggiata dal superstite fascismo da lei stessa tolle-
               rato e  coperto"  e marchiato,  del  resto,  da  una  "plurisecolare tradizione
               di tradimento, che ha affidato ad un congiunto del Re l'ignobile compito
               di consegnare Roma ai tedeschi, mentre il principe Amm. di Sq. Aimone
               di Savoia (Ispettore Generale dei  Mas)  rispettando le  normative armisti-
               ziali con numerose unità si concentrò a Palermo (sic)", la dinastia sabau-
               da andava spazzata via, subito e per sempre, dalla storia d'Italia. Malgrado
               le  ipotesi di effettiva  riscossa  implicite nell'accanimento antimonarchico
               di  Comandini, la  Corona stava vivendo,  tra autunno  1944 e  primavera
               1945, nell'isolamento efficacemente descritto da Paolo Puntoni: una con-
               dizione che si  percepiva, per così dire, fisicamente:  "Noi quassù - anno-








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