Page 260 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
P. 260

252                                                       ALDO  A. MOLA


                   Il grosso - centottantanove senatori - faceva infine parte della sesta
               categoria, genericamente imputata di aver concorso a sorreggere il regime
               fascista e di aver reso possibile la guerra: addebito che, a ben vedere, po-
               teva  essere  esteso  a  un  numero  incalcolabile  di  cittadini.
                   Il  deferimento  investì  non  solo  personalità del  mondo  imprendito-
               riale  e  culturale  e  scientifico,  per  il  quale  il  rapporto  con  il  regime  era
               connaturato con la  vita  delle  imprese o  degl'istituti  loro  affidati,  a  pre-
               scindere da qualsiasi connotazione ideologica, ma giunse a coinvolgere anche
               personalità  che  avevano  concorso  in maniera  diretta  e  incontrovertibile
               al  rovesciamento  del governo  Mussolini,  alla  stipula dell'armistizio,  alla
               dichiarazione di guerra alla Germania e quindi all'instaurazione delle con-
               dizioni entro le  quali si  configurava il  quadro dei  poteri dai quali l'Alto
               commissariato stesso traeva la sua legittimità.  Fu il caso, a tacere d'altri,
               del maresciallo Pietro Badoglio e del duca Pietro d'Acquaro ne a scagiona-
               re  il  quale  intervenne lo  stesso  Vittorio Emanuele III.  Ma proprio il  Re
               - insieme con il figlio,  Principe Umberto - era a ben vedere il bersaglio
               ultimo  dell'azione  epurativa.
                   Ebbe inizio in tal modo una  "guerra parallela",  interna.  Mentre al
               Nord i  "moderati"  (liberali,  monarchici, cattolici  tradizionalisti ... ) eran
               chiamati a collaborare alla liberazione, nel "regno d'Italia"  (o  "del Sud",
               come esso venne denominato anche dopo il  trasferimento del governo  a
               Roma)  quelle  medesime forze  erano  poste sotto  accusa  quali  conniventi
               con  il  regime, quasi ancora colludessero  col  Mussolini  della  Repubblica
               Sociale Italiana. In tal modo la Corona risultò al centro del tiro incrociato
               non solo della R.S.I. ma anche di quanti le contestavano di rappresentare
               il perno della ricostruzione nazionale; e non poteva certo sperare sostegno
               sincero (né, meno ancora, clemenza) da parte degli ex nemici, a comincia-
               re dagli USA, ai cui occhi la Casa regnante aveva perso il fascino di anta-
               gonista della Chiesa cattolica che già aveva  reso  cara l'Italia di Porta Pia
               alla  Corte  di  San  Giacomo.
                   Il 5 aprile 1945 la marcia verso l'avvento della Repubbica ebbe un'ul-
               teriore accelerazione. Col DDL n.  51  venne istituita la Consulta Naziona-
               le.  A  conferma  della  ormai  completa  censura  nei  confronti  dell'istituto
               monarchico e della tradizione unitaria, essa non figurò  né come ''del Re-
               gno"  né quale "italiana": attributi che non figurano  in nessuno dei sette
               articoli del DDL istitutivo. I suoi membri erano nominati su designazione
               dei "maggiori partiti politici" (senza che invero alcuna verifica elettorale
               avesse  quantificato  il  diverso  peso  dei  'soggetti  politici'  in lizza),  fra  gli









   III-VOLUME-SESTO-anno.indd   252                                                     22/03/16   09:42
   255   256   257   258   259   260   261   262   263   264   265