Page 293 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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IL  PROBLEMA  DELLE  FRONTIERE  ORIENTALI                         285

                   I  tentativi  di  azione  comune tra  nord  e  sud  in  nome  dei  superiori
               interessi nazionali, portarono, come si è visto, a nulla. In loco,  il fronte ita-
               liano era diviso in almeno quattro tendenze: le autorità della R.S.I., dalle
               quali  (in  particolare  dall'ala  non  estremista  del  prefetto  Bruno  Coceani
               e del podestà Cesare Pagnini) vennero avances  all'antifascismo moderato
               per un fronte comune contro gli slavi comunisti; la parte più anticomuni-
               sta della resistenza moderata, come le  "divisioni"  Osoppo,  non sfavorevole
               a  priori ad un accordo  con  i  fascisti;  i  partiti non  comunisti  riuniti  nel
               CLN,  invece  contrari ad esso,  anche se  ostili  a Tito;  i  comunisti,  che  di
               fatto  fecero  prevalere l'ideologia sulla appartenenza nazionale ed appog-
               giarono  le  forze  titine.  Anche  nel  campo  jugoslavo  vi  era  in  teoria  una
               divisione tra il governo monarchico e il movimento di Tito; di fatto però
               essa  non ebbe conseguenze di rilievo, sia perché Tito si impose come pa-
               drone assoluto del suo paese, sia perché sulla questione dei confini le due
               parti gareggiavano in nazionalismo, sia infine perché le proposte da parte
               dei serbi anticomunisti di un fronte unico contro Tito furono respinte da
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               Coceani  e  da  Pagnini,< > che  fecero  prevalere  il  nazionalismo  anti-slavo
               sull'esigenza immediata di contrastare l'avanzata dei ti tini.  Era un atteg-
               giamento opposto a quello dei comunisti italiani, e simile nei risultati, la
               divisione del campo anti-titino, anche se non nelle motivazioni (nazionali-
               stiche  e  non  politiche)  a  quello  dei  partiti  del  CLN.
                   Le  autorità tedesche praticarono una politica di divide et impera che,
               fondandosi  sul retaggio  asburgico, mirava alla  germanizzazione e all'an-
               nessione della regione e in pratica favoriva largamente gli sloveni, dei quali
               si  arrivò ad affermare trattarsi  di  tedeschi  ai  quali  le  vicende sfortunate
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               della storia avevano fatto dimenticare la loro lingua.<3>  Si  arrivò addirit-
               tura a tregue tra i tedeschi e le formazioni partigiane slovene di Tito. Già
               il Principe Borghese aveva osservato che "I rapporti fra  queste bande ed
               i germanici erano buoni, mentre veniva selvaggiamente combattuto quan-
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               to  era  italiano" .< > Quella  che  De  Felice  chiama  la  vulgata  resistenziale
               liquiderebbe certo come prive di valore queste affermazioni del "Principe
               nero", ma esse sono confermate dagli ufficiali di collegamento britannici
               in zona. Un rapporto del dicembre 1944 della No.  l  Special Force osservava
               che  i  partigiani sloveni  rifiutavano  di attaccare i  tedeschi;  un altro  rap-



               (22)  Cfr.  Coceani,  op. cit.,  cap.  XXVIII.
               (23)  Cfr. Duroselle,  op. cit.,  p.  127.
               (24)  Cit.  in  Nesi,  op.  cit.,  p.  130.








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