Page 294 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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              porto dei  maggiori Thomas Roworth e Hedley Vincent confermava all'i-
              nizio del marzo successivo che i titini "negli ultimi sei mesi non avevano
              condotto  alcuna  attività  contro  il  nemico",  limitandosi  "a presidiare le
              colline  sopra Cividale e Tarcento e ad attaccare le  formazioni  Osoppo  ad
              est del Tagliamento".<Z5l Si  ripeté dunque nella Venezia Giulia quanto era
              già avvenuto  nel cuore della Jugoslavia.  Il monarchico generale Mihailo-
              vic fu  abbandonato dagli inglesi e giustiziato alla fine della guerra perché
              accusato di aver concluso tregue con gli occupanti; molti anni dopo si sco-
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              prì che Tito aveva  fatto  lo  stesso.< l Così le  accuse comuniste alle  Osoppo
              sono  invero  assai  più  fondate  se  rivolte  ai  titini.

                   In realtà da parte slovena l'appartenenza etnica prevalse largamente
              sulla ideologia, tanto che il clero cattolico istriano di origine slava si impe-
              gnò attivamente negli  organismi della  resistenza  dominati  dal partito di
              Tito,<27l  mentre per i comunisti italiani avvenne il contrario. Tuttavia nel
               195 3 Luigi  Longo,  già  comandante generale  delle  "brigate"  Garibaldi  e
              futuro capo del PCI, in un articolo intitolato I comunisti hanno sempre difeso
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              l'italianità di  Trieste < l rivendicò ai  comunisti italiani di aver difeso  "per
              primi e da soli  i diritti nazionali di  quelle  nostre popolazioni". Molto si
              è scritto sull'argomento, spesso con lo scopo di dimostrare la verità di questa
              affermazione. Nessun distinguo potrà comunque offuscare un dato di fat-
              to  fondamentale:  nel  1943-45  i comunisti  italiani  furono  schierati  dalla
              parte di Tito e quanto sostenuto da Longo è un ardito esercizio dialettico.



               (25)  Cfr.  Roseberry (capo della sezione italiana del SOE)  a Ross  (del Southern Depart-
                   ment del Foreign Office),  27-12-44, in Public Record Office ·Londra (PRO),  Fo-
                   reign Office Generai Correspondence (FO 371), 43879, R 22054 e il rapporto dei
                   due maggiori, The Military Situation in North East ltaly between Tagliamento and
                   the Slovene Frontier, PRO, Military Head Quarters Papers-Allied Forces Head Quar-
                   ters (WO 204) 7301, p. 3.  Roworth era ufficiale di collegamento presso le  "Osop-
                   po" e simpatizzava per esse,  mentre Vincent preferiva i garibaldini, presso i quali
                   era  distaccato  (cfr.  A.  Moretti,  Le  missioni  militari  alleate  e  italiane  nel  periodo
                   della  resistenza  in  Friuli, in  Storia  Contemporanea  in  Friuli,  III  (1973),  n.  4,  p.
                   86-90).
               (26)  Cfr. N. Beloff, Tito fuori dalla leggenda. Fine di un mito. La Jugoslavia e l'Occiden-
                   te:  1939·1986,  tr.  it., Trento,  1987,  p.  80-82.
               (27)  Cfr.  La  Perna, op.  cit., p.  132-33.  Anche  in  provincia  di  Udine  sacerdoti sloveni
                   appoggiarono le rivendicazioni jugoslave, considerando il fattore etnico permanen·
                   te e il regime di Tito transitorio (cfr. T. Sala, I rapporti italo-jugoslavi dalla libera-
                   zione al trattato di pace. Una verifica locale: la situazione della provincia di Udine,
                   in  AA.VV.,  L'Italia  dalla  liberazione  alla  repubblica,  Milano,  1976,  p.  204-5).
               (28)  Pubbl.  in  Rinascita,  a.  X,  n.  12,  dicembre  195 3,  p.  651.








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