Page 295 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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IL  PROBLEMA  DELLE  FRONTIERE  ORIENTALI                         287

                   Appena un mese dopo la proclamazione dell'armistizio corto, il 6 ot-
               tobre 1943 il Partito Comunista Italiano scriveva a Edvard Kardely, brac-
               cio destro di Tito, respingendo sì le dichiarazioni di annessione di territori
               appartenenti al Regno  d'Italia  emanate dagli  organi  della  resistenza  slo-
               vena  e  croata,  ma  aggiungendo  anche  una  frase  significativamente  non
               riportata nella versione pubblicata in italiano:  "Non è detto che noi insi-
               steremo sempre ad ogni costo nel rivendicare l'annessione all'Italia di questa
               zona. Se fosse necessario scegliere fra un'Italia fascista e uno stato sovieti-
               co e democratico noi ne sosterremo chiaramente l'annessione a quest'ulti-
               mo piuttosto che al  primo".< 9l  È vero  che  si  "ipotizzava un'eventualità
                                           2
               che ormai il corso della guerra rendeva superata",<30) ma è altrettanto vero
               che,  nella  terminologia  comunista,  il  termine "fascista" veniva (e  viene)
               applicato con molta larghezza  (pari  alla  sfrontatezza di  identificare  "so-
               vietico" con "democratico") per cui sorge il fondato sospetto che, tra una
              Jugoslavia comunista legata a Mosca e un'Italia capitalista, borghese, e ma-
               gari monarchica, il PCI avrebbe preferito assegnare la Venezia Giulia alla
               prima.<3l)
                    Fu questa del resto la scelta dei comunisti di Trieste e della Venezia
               Giulia, che sostennero apertamente, fin  dal settembre 1944, l'annessione
               di Trieste alla Jugoslavia come VII Repubblica autonoma, una soluzione
               in un primo tempo accettata anche da Vincenzo Bianco a nome della dire-
                              2
               zione del PCI,<3 l  e che provocherà la  definitiva uscita dei comunisti dal
               CLN della Venezia Giulia. Del resto anche lo stesso Togliatti, se non aval-
               lò la linea dei comunisti triestini, che si costituirono poi in una federazio-
               ne autonoma,< 33 l  nondimeno nelle istruzioni inviate a Bianco il  19 ottobre


               (29)  Pubbl.  in  Dé Robertis,  op. cit., p.  131.
               (30)  !bi.
               (31)  Così  infatti  interpreta lo  slavo  D.  Sepic:  "Dalle  lettere  dirette  dal  CC  del  PCI  al
                   CC del PC della  Slovenia  e al  CC  del  PC  della  Croazia  il  6  ottobre  1943  ed  il  5
                   gennaio  1944 risulta  chiaro che il PCI non era contrario in modo assoluto all'an-
                   nessione di tali regioni alla Jugoslavia; esso riteneva che la questione delle frontiere
                   dovesse essere decisa in dipendenza del carattere più o meno democratico che l'Ita-
                   lia e la Jugoslavia avrebbero rispettivamente assunto dopo la guerra"  (La questione
                   del confine italo-iugoslavo nei rapporti tra il partito comunista italiano e il partito
                   comunista  iugoslavo  in  L'Italia dalla  liberazione  alla  repubblica,  cit.,  p.  182).
               (32)  Cfr.  Pupo,  La  rifondazione ... , cit.,  p.  62.
               (33)  Nell'agosto  1945  si  costituì  il Partito Comunista della  Venezia  Giulia,  al  quale il
                   PCI lasciò la  rappresentanza delle posizioni comuniste nella  regione.  Il PCVG era
                   apertamente favorevole all'annessione alla Jugoslavia. Solo  nell'aprile  1946 furia-
                   perto  a  Trieste  un  ufficio  di  rappresentanza  del  PCI.








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