Page 297 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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IL PROBLEMA DELLE FRONTIERE ORIENTALI 289
devano alla duplice e coincidente esigenza di eliminare elementi non co-
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munisti e di realizzare una ''pulizia etnica''. <3 l
Le istruzioni di Togliatti del 19 ottobre 1944 ebbero il loro logico
sviluppo nel suo appello, del 30 aprile 1945, a nome della direzione del
PCI, ai triestini: "Il vostro dovere è di accogliere le truppe di Tito come
truppe liberatrici".<38) Tre giorni dopo, il 3 maggio, il consiglio dei mi-
nistri italiano, del quale facevano parte quattro comunisti, tra i quali lo
stesso leader del partito come vice presidente, approvò all'unanimità una
dichiarazione <39) nella quale si mandava un "plauso riconoscente" alle
truppe neozelandesi entrate a Trieste ed alle quali i tedeschi si erano arre-
si e si esprimeva l'auspicio che si costituisse nella Venezia Giulia una am-
ministrazione conforme a quanto previsto dall'armistizio di Malta. Si
trattava proprio delle due prospettive condannate da Togliatti nell'otto-
bre precedente. Vi è da dire peraltro che la "doppiezza togliattiana" fu
favorita dalla volontà di compromesso delle altre forze politiche, poiché
nulla nel testo condannava esplicitamente l'occupazione titina ed anzi nel
"plauso" erano accomunate anche le "formazioni partigiane", senza spe-
cificare se ci si riferisse alle forze del CLN triestino soltanto od anche agli
slavi. Il consiglio dei ministri non usava certo il linguaggio impiegato dal
ministro degli esteri De Gasperi nel telegramma del 1° maggio alle rap-
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presentanze italiane a Mosca, Washington, Londra e Parigi, < l nel quale
si affermava: "Ingresso truppe jugoslave oltre frontiera orientale e a Trie-
ste non giustificato né da ragioni militari, né politiche, né morali". All'u-
scita dalla riunione del consiglio dei ministri fu chiesto a Togliatti di definire
la posizione del suo partito: "In sostanza, Trieste è italiana?". "Non di-
(37) Durante l'occupazione jugoslava di Trieste nel maggio 1945 il comunista Mario
Pacor dirigeva l'unico quotidiano italiano ammesso, Il nostro avvenire, ed eviden-
temente non si accorse delle deportazioni e degli eccidi, se, come già ricordato (Con-
fine orientale ... , cit., p. 329) giudica "assai corretta e civile" la linea degli occupanti,
anche se poi ammette che furono deportati 950 triestini, dei quali 500 scomparve-
ro (cifre peraltro assai inferiori a quelle fornite da altri autori), pur dando la colpa
di ciò all'intransigenza" degli italiani (ibi, p. 331-33). Lo stesso personaggio giusti-
fica sostanzialmente l'eccidio di Porzus (ibi, p. 305-7), sul quale cfr. M. Cesseili,
Porzus due volti della Resistenza, Roma, 1975. La versione comunista sui massacri
compiuti nel settembre-ottobre 1943 dai titini li addebitava ad elementi irrespon-
sabili e incontrollabili (Pacor, op. cit., p. 195-99); contra cfr. La Perna, op. cit., p.
197 e appendice 2.
(38) Fallante, art. cit., p. 500.
(39) Pubbl. in DDI, vol. II, n. 174, p. 238-39.
(40) /bi, n. 163, p. 226-27.
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