Page 315 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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IL  PROBLEMA  DELLE  FRONTIERE  ORJENTALI                         307


               status e di trattamento tra gli  jugoslavi, vincitori e "alleati", e gli  italiani
               "vinti", che, era l'amara constatazione del "brindisino" Casardi al "brin-
               disino" Prunas, "a due anni di distanza" si  ritrovavano "daccapo all'ini-
               zio  della  salita,  in  condizioni  spiacevolmente  reminescenti  della  prima
               famosa seduta del Comitato Consultivo". (99)  Quanto poi all' atteggiamen-
               to dei quattro Grandi, non vi era molto di cui rallegrarsi. Quello america-
               no era stato "genericamente benevolo ma poco battagliero", non si doveva
               illudersi "sulle probabilità di una loro difesa a fondo". Si era vista la "for-
               tissima dose di ostilità" verso l'Italia da parte del Foreign  0/fice,  disposto
               a  dare  all'Italia Trieste  e  ciò  che  si  poteva  salvare  dell'Istria  (non  certo
               la linea Wilson) ma contrario "a impegnarsi a fondo contro Tito". L'URSS
               era "apertamente ostile su tutta la linea", difendeva pienamente il punto
               di vista jugoslavo,  "pur evitando di impegnarsi a  fondo".  I francesi  ave-
               vano una "effettiva benevolenza"  per l'Italia,< 100 > ma erano "i parenti po-
               veri", consapevoli "della propria malsicura posizione", che non volevano
               compromettere prendendo posizioni decise.  Casardi infine ammoniva che
               i problemi italiani erano solo "un aspetto del tutto secondario, incidenta-
               le,  di  un gioco  politico  infinitamente  più  vasto".
                    Come cercare di inserirsi appunto in tale gioco e di sfruttarlo a pro-
               prio favore? L'ambasciatore Tarchiani aveva ben presto puntato sulla car-
               ta americana, collegando in maniera esplicita (più di quanto potesse fare
               il governo) la questione della frontiera orientale con gli equilibri strategici
               mondiali e con quelli politici interni dell'Italia. "Fino al '40 il vostro con-
               fine  difensivo era sulla  Manica e sulla  Maginot;  oggi  è anche a Trieste e
               sull'Adriatico", andava ripetendo a Washington, dove sottolineava anche
               i pericoli per "l'ordine interno" in Italia. E a De Gas peri riferiva che gli
               americani confidavano in una Italia schierata con l'Occidente e amica de-
               gli  Stati Uniti,  ma che talvolta essi  sembravano dubitare  "della saldezza
               delle  nostre intenzioni e delle  nostre possibilità"  ed allora temevano  "di
               lavorare  in  sostanza pour  le  Roi  de  P russe". o o o  Era  un  invito,  nemmeno
               troppo velato ad una scelta di campo, che era prematura forse  per tutti,


                (99)  Casardi a Prunas, 24-9-45, ibi,  n. 569; al Consiglio di gabinetto del 29 settembre
                    De Gasperi parlò invece di  ''Risultati tranqillante per la  Venezia  Giulia dove  si
                    può sperare in un risultato equo Verbali del Consiglio dei ministri, V, 2, Coverno Par-
                    ri,  21  giugno  1945-10 dicembre  1945,  Roma,  1995,  p.  1198).
               (100)  Sull'atteggiamento dei francesi cfr. Saragat (ambasciatore a Parigi) a De Gasperi,
                     17-7,  7-9,  12-9,  29-10-45,  ibi,  n.  346,  504,  517,  647.
               (101)  Tarchiani  a  De  Gasperi,  5-4  e  3-9-45,  cit.








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