Page 322 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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               dell'armistizio con grossi sacrifici territoriali, o, nella speranza di qualche
               miglioramento, sopportare più a lungo l'armistizio", consapevoli che es-
               sere i primi a firmare il trattato di pace poteva essere "assai poco vantag-
               gioso" :  l'armistizio  dell'Italia  era  stato  il  primo  ed  era  "il  peggiore  di
               tutti". (l30)
                    Il governo non accettò il suggerimento di Quaroni di  richiedere un
               plebiscito.  Quanto  all'opportunità di  rinviare  a  tempi  migliori  il  nego-
               ziato  e la  firma  del Trattato di  Pace,  a  Roma  parve che la  "prima fon-
               damentale necessità"  fosse  la  "liberazione dall'armistizio e riabilitazione
               internazionale",  per  "intervenire attivamente discussioni  di  pace che  ci
               riguardano".  Quindi a  luglio  e a  settembre fu  chiesto  a  Washington di
               porre fine  al  regime armistiziale con  uno  "strumento provvisorio di pa-
               ce",  rinviando la  soluzione  dei  problemi più difficili  e più condizionati
               dai rapporti internazionali, tra i quali, in primo luogo, quello della Vene-
               zia  Giulia.< 130  Era chiedere the  best of both  worlds:  avere subito i vantaggi
               della  fine  del regime armistiziale,  rinviando il  pagamento del prezzo che


               segue nota
                    ribadita  in  Quaroni  a  De  Gasperi,  14-10-45,  cit.,  p.  855;  Quaroni  a  Prunas,
                    1-12-45,  cit.,  p.  1026, Quaroni  a  De  Gasperi,  27-12-45,  DDI,  vol.  III,  cit.,  n.
                    41 , p. 48. Peraltro osservando che i "protettori" dell'Italia, "in sede di negoziati"
                    finivano "per cedere se non tutto, moltissimo" , Quaroni commentava che era no-
                    stro interesse che essi si svolgessero "in una atnmosfera, quanto è possibile, d'ar-
                    monia fra  i tre contendenti"  (Quaroni a  De  Gasperi,  14-10-45, cit.,  p.  851), il
                    che sembrerebbe in contraddizione con il quadro generale, più volte dipinto, che
                    si andava verso la contrapposizione est-ovest e che quindi conveniva prendere tem-
                    po. Si deve probabilmente intendere che l'ambasciatore a Mosca ritenesse la con-
                    dizione  peggiore  per  le  sorti  dell'Italia  quella  di  guerra  fredda  latente  ma  non
                    dichiarata che caratterizzò appunto il  1945  e il  1946, nella  quale  si  scontavano
                    i danni di essere considerati nel campo occidentale senza trame alcun vantaggio,
                    perché Gran Bretagna e Stati Uniti non volevano arrivare ancora ad una rottura
                    con  l'URSS.
               (130)  Le due citazioni da Quaroni a Prunas,  1-12-45, cit., p. 1026 e Quaroni a De Ga-
                    speri,  1-10-45, cit.,  p.  800.  Anche  riguardo all'ammissione ali'ONU, non vi  era
                    nulla da guadagnare a chiederla insistentemente, dando modo agli  alleati di  pre-
                    sentarla  come  una grande concessione,  né vi  era  da  illudersi  che  l'ingresso  nel-
                    l'ONU mutasse la  condizione di inferiorità internazionale dell'Italia (ibi,  p. 801).
               (131)  Cfr.  De  Gasperi  a  Tarchiani,  13-7-45, Tarchiani  a  De Gasperi,  19-7-45,  DD!,
                    vol.  II,  cit., n. 332, p. 446, e 350; FRUS, The Conference of Berlin, cit., vol.  II,
                    p.  1082-83,  1945, vol.  IV,  cit.,  p.  1201-2;  Poggiolini,  op.  cit., p.  29.  Ancora  a
                    metà ottobre Carandini e Tarchiani chiesero di trovare "una nuova formula giuri-
                    dica"  per lo  status dell'Italia (cfr. Dé Robertis, op.  cit. , p.  426). Carandini e Tar-
                    chiani sembra comunque fossero "fautori di una pace definitiva" (Visconti, Venosta,
                    ora presidente della commissione di studio per le conferenze internazionali, a De
                    Gasperi,  4-9-45,  DDI,  vol.  II,  cit.,  n.  491,  p. 668).








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