Page 412 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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404 RODOLFO PROSIO
Queste operazioni spesso si concludevano con l'instaurazione di giu-
dizi avanti le Corti militari, celebrati secondo la procedura anglosassone
del rito incrociato fra l'interrogatorio dell'accusa e quello della difesa. Nei
casi più gravi le Corti erano assistite da un consulente legale, senza diritto
a voto nelle decisioni.
Le Corti giudicavano in materia di crimini di guerra e di fatti lesivi
degli interessi militari delle Forze alleate e le loro sentenze, come quelle
di tutti i Tribunali di guerra, erano sottratte ad ogni impugnazione. Am-
messo era solo il ricorso di grazia al Quartier generale.
Per i casi di minore gravità (violazioni di ordinanze in materia di
polizia) decideva un giudice unico.
In linea di massima i giudici militari alleati operarono con criteri
di equilibrio, di rigoroso accertamento della colpevolezza e non furono
trascinati da quello spietato furore repressivo che caratterizzò i Tribunali
militari germanici, i quali, peraltro, dovettero affrontare le gravi situazio-
ni create dalla guerriglia.
Anche nel1945 poche furono le condanne a morte inflitte dai Tribu-
nali militari alleati e non tutte vennero eseguite.
Furono fucilati, dopo regolare processo, i tenenti Magnati e Rinaldi
della Guardia naz. repubblicana colpevoli di avere, nei pressi di Ferrara,
ucciso dopo orribili torture, un aviatore inglese. Pure fucilato fu il capo-
rale Nusetti, sempre della guardia repubblicana che nei pressi di Vercelli
aveva assassinato tre prigionieri inglesi evasi da un campo di concen-
tramento.
Nei casi dubbi sulla volontà omicida o comunque sull'esistenza di
cause di giustificazione intervenne la grazia. E con tali criteri di equità,
fu commutata in ergastolo la condanna a morte inflitta al componente di
una squadraccia fascista che in provincia di Verona aveva ucciso nell'au-
tunno 1943 un prigioniero inglese, evaso da un campo di concentramen-
to, e un ragazzo sedicenne che lo aveva aiutato.
Per il rispetto della cosa giudicata, il Tribunale militare inglese di-
chiarò non doversi procedere contro il capo della provincia Pietro Cosmin
che aveva impartito gli ordini di cattura e di fucilazione del prigioniero
e dei suoi favoreggiatori. Il Cosmin, fanatico fascista della repubblica di
Salò, era fra coloro che più si erano adoperati per la fucilazione di Galeaz-
zo Ciano.
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