Page 109 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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La resistenza 107
Armata a Caporetto e attorno a Santa Lucia. Il nemico scendeva per val di Ju-
drio e val Natisone; stava per uscire sul piano da quei monti sulla sinistra, che
le limpide giornate scoprivano quasi sasso per sasso attorno al Monte Nero dal
picco erto dominante. Monte Nero perduto, perduti, a quanto si diceva, Plezzo
e la Stretta di Saga, perduta la Bainsizza, Monte Santo, Sabotino, Gorizia:
le linee della Terza Armata restavano tranquille e inattaccate. Si notava solo
uno spesseggiare di ricognizioni aeree. Il nemico di val di Judrio calava sulle
retrovie della Terza.
De Nada fece fermare la motocicletta, attratto dallo spettacolo insolito e
audace. Un velivolo rossastro, color taffetà, crociato di nero sotto l’ala, a bas-
sissima quota era saltato sul San Michele. De Nada guardava dal ripiano siste-
mato a difesa di seconda linea che andava dal San Michele a Doberdò, dov’e-
gli aveva fatto tante strade. Il velivolo, a sbalzi e a colpi d’ala, si gettò sopra un
pallone frenato che da Sagrado sorvegliava il Carso settentrionale e la piana
di Gorizia, e gli sgranò contro un nastro di mitragliatrice. Ed ecco tre candidi,
minuscoli caccia tricolori, gli caddero sopra usciti dal cielo. Non fu a tempo né
a difendersi né a voltarsi. Tentò la fuga, volando basso e diritto, come vediamo
tagliar l’aria i gabbiani bassi innanzi le grevi mosse dei temporali, o come ve-
diamo fuggir gli uccelli ad ali radenti e trepidanti sotto la minaccia del nibbio.
Così quello si gettò a precipizio verso Doberdò, e là si videro i tre, da tre punti
del cielo, convergere su lui nel vertice del triedro rovesciato: uno scendeva a
vite, e restava indietro: parve che contro questo il nemico volesse tentar d’im-
pennarsi, ma l’italiano si raddrizzò e fece sentire la sua voce. Un mezzo giro
pose il velivolo rossastro, che perse quota nella manovra, sotto le mire degli
altri due che scendevano a picco, a tuffo, con prore avide; e al tedesco non
rimase che scendere sui prati marci del Lago di Doberdò. De Nada aveva ben
distinto le croci nere germaniche sotto le ali del velivolo rossastro. I tre caccia
fecero due o tre giri sul lago e poi si rialzarono e partirono.
* * *
Il roggio pianoro era deserto e silenzioso. Il sole declinava. Il cielo, dopo
la lotta dei velivoli, era tornato deserto. Ed era un deserto quella terra, che fu
fatta, secondo un detto popolare dei luoghi, quando il Signore, alla fine della
fabbrica del mondo, si trovò ad aver dei sassi avanzati, e con quelli fece il
Carso. Ed ecco su quello sterile sterpeto, fra le squallide doline, le strade, le
sue strade, come ora si mise a chiamarle. Sode, lucenti, spianate, cosa viva,
orgoglio antico e vocazione nazionale; le strade sono ciò che più parla della
vita dei morti fra i viventi sulla faccia rugosa e imperterrita della terra; le stra-
de durano a rammentare i passati per esse e per la vita.