Page 112 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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                  balia di sé stessi; e avessero anche voluto ubbidire, non avrebbero saputo che
                  cercare, non che trovare.
                     Saper indicare la vittoria ai soldati è non piccola parte dell’arte di fargliela
                  acquistare. La vittoria ormai non si sapeva che cosa fosse, e gli scopi guerrieri,
                  terrestri, nazionali, erano andati sommersi in una mitologia più comica che
                  scellerata. Che gli Imperi centrali fossero imperialisti e gli Alleati democra-
                  tici, eran discorsi da avvocati, non da militari. Che quella fosse «guerra alla
                  guerra», era un argomento di cui il bisticcio denunciava l’artificio bugiardo.
                  “Guerra di idee -ripeteva fra sé De Nada ripensando i suoi tristi presentimen-
                  ti - “ e come costa poco il sangue alle Idee! I tiranni, nelle loro guerre di una
                  volta, si preoccupavano di non restare almeno senza sudditi da dominare, ma
                  la proprietà delle idee par che non sia di temere il deserto”.


                                                   * * *

                     Era il giorno trenta d’ottobre, verso mezzodì. I reparti nemici d’insegui-
                  mento cercavano attraverso i campi molli i ponti del Tagliamento, e tastavano
                  le resistenze di retroguardia. De Nada, seguendo quella colonna, sentiva fuci-
                  late qua e là, ma non si vedeva ancor nulla.
                     Egli camminava accodato, dietro il reggimento, che era uno dei due della
                  Brigata Sassari, gloriosa nei fasti della guerra. Camminava dietro i sardi di
                  modesta statura, robusti e di poche parole, severi. Oscuramente in fondo all’a-
                  nimo sentiva quasi una condanna nell’azione inflessibile colla quale la truppa
                  ordinata e fedele si apriva il passo fra gli sbandati. Venendo ultimo coglieva
                  a volte in mezzo alla marea degli sbandati delle espressioni ignave ed astiose,
                  qualche parola di scherno, che nessuno aveva tempo di rilevare. Ma parole e
                  volti incitavano De Nada a non perdere contatto, a non ricadere fra gli sban-
                  dati; gli facevano sentire ripugnanza e paura di restar solo, a quel modo che
                  uno spossato, sperduto, s’attacca alla guida con tutte le forze della stanchezza
                  mortale.
                     «Andate, andate avanti» sentì dire, «così la guerra non finirà mai più!»
                  «Viva la guerra!» e: «A Mathausen!»  sciagurato grido.
                     Mathausen, noto campo di prigionieri, voleva dire per antonomasia la resa
                  e la diserzione.
                     Uno tra la folla osò levar la voce distintamente: «Viva l’Italia, viva il Re!»
                  disse sarcastico.
                     Allora un ufficiale della retroguardia si fermò, si volse, e chiese che si
                  facesse fuori chi aveva gridato. Era calmo e pallido; si leggeva bene nei suoi
                  tratti, anche se non avesse impugnato nella destra la rivoltella, una risoluzio-
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