Page 113 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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La resistenza                              111

                    ne che non gli costava gran cosa, come uomo che ne avesse prese ben altre.
                    Infinito pareva invece e grave su quel volto giovanile, e quasi contro natura in
                    un giovane, il disprezzo; ma era un disprezzo doloroso; si dipingeva coll’aria
                    d’un’infelicità somma sul viso aperto, affilato dalla fatica. Era un tenente.
                    L’animo di De Nada raccapricciò nel sentirsi investito cogli altri perduti da
                    quella domanda e da quell’attitudine. Gli parve di sostenere male lo sguardo
                    chiaro di quel collega, gettò alcuni sguardi non fermi né dritti ai fianchi suoi.
                    Nessuno fiatò né si mosse. De Nada raggiunse dietro quel tenente la coda del
                    reggimento. Aveva ora timore quasi infantile di restar solo fra gli sbandati.
                      Le fucilate sparse per la campagna spesseggiavano, quando De Nada arrivò
                    a Codroipo, e si fermò spossato all’ingresso del borgo. C’era sul trivio delle
                    strade di Udine e di Palmanova una piazzetta colma di soldati e di borghesi.
                    De Nada sedette sul gradino d’una porta. Non ne poteva più. Addentò una pa-
                    gnotta che si trovò sottomano nella tasca del pastrano. Era di Villa Vicentina,
                    e aveva preso l’acqua. De Nada gustava il sapore del pane stantio bagnato
                    d’acqua, e non pensava più nulla, neanche al reggimento, che arrivato al paese
                    tirava di lungo senza fare nemmeno un alt fra le case. E così rimase solo fra
                    la gente smarrita.
                      V’era chi andava qua e là come a cercar non si sa che. Altri trascinavano
                    oggetti incredibili, chiedendo un soccorso che nessuno pensava di conceder-
                    gli; anzi sembrava che il richiedente stesso ogni cosa s’aspettasse prima che
                    il soccorso richiesto. Questi erano borghesi, ma i militari stavano inerti e non
                    aspettavano nulla. Mangiavano i più roba presa nelle botteghe. Ogni tanto il
                    rumore di fucilate e di colpi di mitragliatrice giungeva dalla campagna.
                      La gente si guardava un poco, e riprendeva le sue occupazioni insensate.
                    Da un’osteria vicina giungeva un clamore di avvinazzati, nel quale s’innalza-
                    va la voce acuta e rauca d’una donna ubbriaca.
                      De Nada masticava il suo pane mollo.
                      Ed ecco spuntò, simile e gemello dell’altro, un reggimento di fanteria. De
                    Nada lesse il numero 151. La folla si aprì umilmente, restia nell’animo non
                    agli atti. Il reggimento sfilò rapidamente per una via a sinistra. Ultimi veni-
                    vano gli ufficiali del comando di reggimento, un piccolo gruppo di soldati e
                    di graduati sotto i loro ordini, e il colonnello. De Nada vide tra loro il collega
                    giovane e severo. Il colonnello era un vecchio soldato, e dalla sua persona, dal
                    piglio del viso, traspariva un che di paterno e di risoluto insieme, che confor-
                    tava. Tanti n’ebbe, e così eroici e semplici morirono, l’esercito.
                      De Nada sentì impulso a levarsi per mettersi ai suoi ordini, e stava per farlo
                    quando vide il gruppo di ufficiali, invece di seguire il reggimento, entrare nel
                    cortile di una casa, che si vedeva attraverso il portone spalancato. Sopra l’arco
                    pendeva la frasca del buon vino; era affisso un sole ridente e raggiato; e una
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