Page 117 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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La resistenza 115
Intanto, mentre scherzavano e lasciavano andare una fucilata ogni tanto,
annottava. Allora si videro incendi rompere rossi e neri sparsi per il paese, dai
tetti e dalle finestre.
Qualche notizia correva ancora: che il grosso dell’esercito aveva passato il
Tagliamento e continuava la ritirata, che i ponti eran saltati fin dalla mattina,
che i tedeschi e gli austriaci stavano per andar oltre, non appena avesser finito
di prender Codroipo e le teste di ponte del Tagliamento.
Colla notte, che manifestava gli incendi, e col rallentare della fucileria,
cominciarono anche a sentirsi i lamenti dei feriti, abbandonati sulle strade o
ricoverati sotto gli androni. Era l’ora che i dolori s’inaspriscono.
«Ci avremmo a lamentare» tentò ancora di scherzare il fiorentino, «quando
ci fanno la cortesia dei fuochi d’artificio? Per la festa di San Giovanni al Piaz-
zale Michelangiolo. Ma questo poi è lo scoppio del Carro addirittura!»
Infatti moltissimi razzi da segnalazione si incrociavano vicini e lontani su
Codroipo e sulla campagna, e davan l’idea arcana e paurosa del gran numero
di nemici che li lanciavano, sparsi e invisibili nella notte e nel paese, ordinati
e aggressivi perfino in quelle mute e luminose intese.
Uno scoppio aveva provocato l’ultima facezia del fiorentino, che per altro
aggiunse, senza ridere: «La colomba a dar fuoco al Carro non ci torno a rive-
derla più, bello il mi’ Cupolone!».
De Nada guardava i razzi, e, quasi inconscio, ci s’arrabbiava. Gli veniva
voglia di gridare che si sapeva ch’eran bravi a far la guerra, e che la smettes-
sero, che venissero a farla finita.
«Come danno ai nervi quei razzi!» disse al fiorentino bizzarro, e questi
stava rispondendogli alla sua maniera, quando, come se li avesser sentiti, i
razzi diradarono, si spensero: la pallida luna dell’ultima notte innanzi a quella
che ottobre aveva a spartire domani col vicino novembre, era un poco velata
e fosca.
E lustrò sugli elmi e sulle mazze ferrate degli «Olgagrenanadieren» vur-
temberghesi. Da tutte le parti del paese gracchiarono e rullarono più alte e
precipitose le mitragliatrici, la fucileria si fece rabbiosa. I tedeschi venivano
correndo, incitati da una tromba che suonava l’assalto, squillante. Venivano a
testa bassa, possenti, quasi in atto di dar la capata, o di chi prenda la rincorsa e
l’onda per dare una veemente spallata. Rotavan pel manico le bombe a mano,
ne fecero una scarica da mezza piazza, e le bombe levaron sotto la barricata
il loro scroscio dirompente. Rispose un crepitio di fucili, e i nostri volteggia-
rono: «Gli han buone braccia» disse sul volteggio il fiorentino, «e noi buone
gambe» la barricata. Una forza ebbra e possente li sollevò, li gettò contro i
tedeschi: baionetta e Savoia! contro le mazze ferrate e gli Urrah!