Page 120 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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                                            Lodovico Caprara

                       Il generale Emo estrae la rivoltella e quasi

                    impazzito dal dolore grida in faccia al tenente

                           del Genio: Ho di là i miei Dragoni!...






                     Soldato semplice del 4˚ reggimento Genova Cavalleria, dopo aver preso
                  parte alla leggendaria carica di Pozzuolo del Friuli, iniziò con la sua unità il
                  lungo drammatico ripiegamento verso il Piave. L’11 novembre finalmente il
                  grosso di Genova Cavalleria aveva raggiunto l’abitato di Lovadina sulla riva
                  destra del fiume, ma proprio qui Lodovico Caprara fu testimone di uno dei nu-
                  merosi drammi della convulsa rotta: l’esercito in ritirata bruciava, distruggeva
                  dietro di sé i ponti sul Tagliamento e poi sul Piave per rallentare l’avanzata
                  degli austro – tedeschi, abbandonando così in balìa del nemico migliaia di
                  profughi e molte unità combattenti. Le fiamme che distruggevano il ponte di
                  barche e abbandonavano sulla sponda sinistra un drappello di cavalleggeri del
                  Genova sembravano bruciare anche le ultime speranze nell’animo dei com-
                  battenti, ma ecco che si nota un movimento di truppe fresche, odorano di sego
                  di scarpe nuove e di panni nuovi grigioverdi. Abbiamo così la certezza che di
                  qui non di passa!
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                     Il 4 novembre 1917 andiamo verso Venchiamezzo, non ho la forza di stare
                  appresso ai cavalli, mi fermo in una casupola dove si vende il vino trovò costà
                  molti giovani abili e borghesi, invidio la loro posizione ma è viltà cadere in
                  mano del nemico. Uno shrapnell scoppia poco distante; monto in macchina
                  (una bicicletta n. d. r.) e via, per la strada mi scoppia un grosso proiettile a
                  poca distanza, il Reggimento va verso Domanins. Il 6 novembre 1917 siamo
                  all’argine del fiume Livenza in prossimità di Bibano. Ci coglie la notte gelida,
                  ma di un freddo che non ho mai sofferto come quella notte. Gli uomini a ca-
                  vallo dormono assieme ai cavalli e non soffrono molto freddo, io e il Coman-
                  do stiamo sulla stradicciuola dell’argine, ivi vi era un casotto da guardiano. Il
                  Capitano aiut. Magg. Lupi di Moirano mi dice di forzare la porta per ricove-
                  rarci, siamo una diecina compreso il Colonnello completamente intirizziti dal
                  freddo.
                     Faccio e dico e torno con un piccone, ma appena mi appresto ad aprire mi
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