Page 118 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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                     Scrosciavan le mazze sugli elmetti leggieri dei nostri, e rompevan elmi e
                  capi: la baionetta cercava i visceri dei tedeschi. Si formò un groviglio furioso,
                  un risucchio di uomini a piè della barricata, che non ebber tosto nemmeno
                  spazio per districar le mani non che le armi. Rantolavano, bestemmiavano, si
                  prendevano per il collo. Un tedesco altissimo e membruto levava a due mani
                  su De Nada, sommerso nel groviglio fino alla cintura, una mazza spropositata.
                  Nell’atto alzava il mento, e sotto la visiera la luna gli scopriva il riso a denti
                  stretti, mostrando i denti. Scopriva il collo, e lì gli sparò a bruciapelo il fioren-
                  tino, afflosciandolo giù. La mazza cadendo contuse una spalla di De Nada. Si
                  storse per gettare un grazie al compagno, e non lo vide mai più.
                     Pochi si levaron vivi da quel gruppo, e solo De Nada incolume, ma strinato,
                  scalfito e contuso. Gli balenò nel levar su la persona il ricordo d’una volta che
                  la fune dell’ancora del suo pànfilo gli s’era attorcigliata a un piede e l’aveva
                  tratto fin dove l’acqua è buia: il ricordo della luce e della boccata d’aria tor-
                  nando a galla.
                     Ma se gli italiani avevan la forza della disperazione, i tedeschi avevan tutti
                  gli altri vantaggi, e dovevano aver ricevuti rincalzi, perché una nuova schiera
                  veniva all’assalto, la tromba pareva che volesse ridestare i morti.
                     In tutto il paese ingombro di suppellettili e di materiali si combatteva fra
                  le gambe dei mobili sventrati e fra le ruote dei cannoni e dei veicoli. Si com-
                  batteva nelle stretture, e quando s’incontravano più di due per parte, davan
                  dentro nel mucchio, e più volte uno cadeva senza saper di che mano, e l’altro
                  lo vide abbattersi, quando non credeva d’aver ferito quello. Una finestra che
                  avvampava d’un tratto, il ravvivarsi di bracieri colla caduta di travi, la luna
                  dove poteva penetrare le stradette di Codroipo, rompevano la notte sulla mi-
                  schia folta e feroce.
                     Ma De Nada che aspettava i tedeschi sotto la barricata, e il moschetto gli
                  scottava le dita, non li vide arrivare. S’eran fermati dall’altro canto o aggira-
                  vano la posizione. Sentì dietro le spalle allungarsi il silenzio sulla barricata
                  e oltre, nella via del paese; capì che tutta quella parte era perduta, e si gettò
                  dentro un portone vicino.
                     Sulla soglia si volse. La sua idea era di lasciar freddare la canna del mo-
                  schetto, ma ora parecchie case illuminavano il bivio, scorse i tedeschi raggrup-
                  pati in fondo alla piazzetta, e gente che usciva dalle case, strisciando lungo i
                  muri dove non bruciavano, a capo chino. Erano i dispersi, gli inermi; avevano
                  aspettata la fine nelle stalle e nei cortili, ed ora si arrendevano e marciavano
                  verso la prigionia. De Nada avvampò in viso e storse gli occhi da quelle torme.
                  Così non voleva uscirne.
                     Egli era proprio l’unico superstite della barricata. In mano del nemico non
                  voleva cadere, prigioniero non voleva andare.
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