Page 114 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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                  scritta in stampatello diceva: Osteria di San Giuliano, con alloggio e stallo.
                     Lo schiamazzo era cessato, e d’un tratto la piazzetta si vuotò. Prima che
                  fosse alzato, o almeno così parve a De Nada, un qual si fosse grido o allarme,
                  tutti erano spariti, e compariva in fondo alla contrada un’avanguardia.
                     Erano fanterie tedesche d’assalto, massiccie, dai grandi elmi calati sugli
                  occhi e sulla nuca, armate di bombe a mano e di mazze ferrate. Alcuni scoppi
                  laceranti e furiosi di bombe si mescolavano con fucileria e raffiche brevi di
                  mitragliatrice da varie parti intorno al paese. I tedeschi lo investivano, ma
                  quelli dai quali De Nada non riusciva a toglier gli occhi, venivano dalla via di
                  Udine, e, lenti circospetti, s’eran fermati a ridosso delle prime case, si guar-
                  davano intorno, postarono una mitragliatrice sul bordo di strada: ne facevano
                  del lavoro, non parendo!
                     Uomini alla spicciolata cercavano le porte lungo i muri, traversavano di
                  corsa la piazza. Alcuni caddero, come se avessero inciampato, ma non si mos-
                  sero più. Poi i tedeschi fecero per avanzare. De Nada li vedeva, sapeva chi
                  erano, ma restava seduto attonito su quel gradino, col pane bagnato in mano.
                  Subiva una tristezza inespiabile, la voglia fisica che quelli facesser presto, di
                  morire, per non travagliarsi più con quel che avrebbe dovuto fare e colla sua
                  stanchezza che gli impediva anche il pensiero. Tutt’ora crescevano i colpi.
                  Altre stradette mettevano da settentrione in quella piazza piccola, così vasta in
                  quei minuti; e altri nemici vi comparivano fra le case più distanti.
                     Ed ecco dal portone dell’osteria di San Giuliano, in fila, rapidi e calmi il
                  colonnello del 151, un maggiore, altri ufficiali e di armi diverse, qualche sol-
                  dato, ma senza distinzione di gradi, imbracciando moschetti e con le pistole
                  in pugno.
                     Il maggiore, De Nada sentì chiamarlo, si chiamava Rizzo, e pareva il più
                  infuocato. Calmo, d’una serenità ultima, semplice e dritto in mezzo agli uf-
                  ficiali, il colonnello dall’aria paterna indicò d’un gesto gli sbocchi delle vie,
                  dove i tedeschi, quasi sorpresi, sostavano e si ritraevano.
                     «Tenente Andreoli» disse a un giovane magro e barbuto, «tenente Andreo-
                  li». «Comandi» rispose un giovane sull’attenti.
                     Il resto di quel che disse il colonnello Paolo Graziano si perse perché il
                  maggiore Rizzo levò altissima la voce, e urlò: «Avanti, per Dio! Si fa così».
                     Fece fuoco col moschetto, correndo, e si gettò contro i nemici a sinistra.
                  Col colonnello altri traversarono la piazza, e attaccarono gli altri sbocchi. Il
                  nemico sparì, e dallo stallo, da altri portoni, furono tratti carri e carrette mili-
                  tari e borghesi, per sbarrare le vie. Soldati inermi aiutarono a far barricata, e
                  risparirono.
                     Fischiavano le pallottole: De Nada s’era levato in piedi; quel: «Si fa così!»
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