Page 78 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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                  correva alcuni muli, liberi al galoppo, discesi in fuga dai monti. Il colonnello
                  gioì, ordinò ai suoi di accerchiarne uno per lui. Subito preso, si accomodò gra-
                  vemente sulla sella preparata alla meglio e partì. Gli altri gli andarono dietro
                  come attaccati alla sua ombra.
                     Vicino alla casa, un capitano dei carabinieri a voce forte ordinava alle don-
                  ne di scappare. Le donne piangevano. «Ve lo dico per l’ultima volta, gli au-
                  striaci saranno qui tra poco, state attente che vi è da passarla male. Via! Via!»
                  E più di tutte, seduta sul gradino della porta, una ragazzina, curva la testa sulle
                  ginocchia, gridava disperata nel pianto: «Ioi! Ioi! Ioi!» Il capitano, perduta la
                  pazienza, sferzava l’aria col suo bastone, se ne andò rapido per unirsi al colon-
                  nello, già in viaggio per i prati.
                     Non potevo staccarmi da quel pianto, che pareva un richiamo. E ancora la
                  luce calda sulla facciata della casa che racchiudeva quelle donne belle e sole
                  mi tratteneva col pensiero di poter convivere assieme a loro in quella valle ab-
                  bandonata dagli uomini. La ragazzina s’era alzata e continuava a piangere, le
                  altre ora entravano, ora uscivano. Ma in alto, dall’apertura della valle, avanzò
                  un aeroplano bianco, tremulo e leggero, e tutti c’incantammo a guardare. Ci
                  passò sopra e si confuse col sole, poi una scarica di fucilate rintronò secca e
                  mi rialzò di scatto. Sentivo quelle fucilate come dirette contro di me, l’ordine
                  ricevuto dal capo di stato maggiore e la paura di essere dichiarato disertore mi
                  abolirono ogni voglia di sostare in quel luogo.
                     Vi era solo la valle verso l’Italia e partii coi miei due soldati e un mulo ben
                  sellato. Prima ventiquattrore fossero passate dalla mia partenza da Hum, dove-
                  vo raggiungere il comando. Pensai di scavalcare una delle montagne a sinistra
                  per giungere sul fianco della divisione in ritirata, ma la possibilità di trovare
                  punti invalicabili nella notte e di sperdermi, mi distolse. La valle che avevamo
                  preso portava fino a Tarcento e poi avrei dovuto tornare indietro e risalire i
                  monti fino alla vecchia linea di confine, dove ritenevo che la divisione, si fosse
                  schierata a difesa. Intanto volevo giustificare la mia assenza e ricercavo i più
                  puntigliosi motivi di accusa.
                     Il mulo carico di due telefoni aveva preso un buon passo e noi dietro, decisi
                  a far presto, tra la bellezza dei boschi tutti rossi d’autunno, pestando le foglie
                  cadute, estasiando per fuggenti attimi lo sguardo sullo splendore di fiori az-
                  zurri, lungo il torrente che correva con noi. Interminabile la valle deserta. A
                  ogni svolta si sperava vedere schiudersi la pianura, ma invece altre montagne
                  apparivano e la valle e la solitudine. Poche parole ogni tanto per rianimarci
                  nel dubbio d’aver sbagliato strada e di trovarci nella notte in marcia ancora,
                  soli e sfiniti. Per turno ci si riposava in groppa al mulo, che in caso estremo si
                  calcolava di uccidere e d’arrostire. Presto il sole cominciò a discendere. Era-
                  vamo solo noi tre, in mezzo a quelle montagne e a quelle valli deserte, seguiti
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